23 maggio 2013

Don Gallo, prete di strada "Aiutare gli ultimi è un obbligo"


Prete sulla nave riformatorio, parroco nei quartieri poveri, anima della comunità di San Benedetto nata per accogliere tossicomani e prostitute, fino al G8 del 2001, sempre in prima linea ma mai sospeso a divinis, ha dedicato il suo ultimo libro a Papa Francesco.


di WANDA VALLIS

e n'è andato senza clamore don Andrea Gallo, prete di strada, prete degli "ultimi", prete che si è fatto uomo, megafono, scudo di quelli che voleva proteggere da una società non certo equa, spesso ingiusta. Se n'è andato dopo aver provato a contrastare la malattia che a poco a poco lo ha consumato.
Ha ceduto il cuore, proprio la bussola della sua vita, di sacerdote che mai ha dimenticato di essere uomo. Fa strano dirlo e pensarlo: don Gallo non c'è più, si è incamminato sereno verso quel paradiso in cui credeva. Fa strano, come immaginare un pezzo di Genova che si sgretola, una parte di città che perde la sua voce, i suoi affetti.

Una battaglia dopo l'altra don Andrea Gallo era diventato il simbolo di una Genova che non si arrende, che combatte ingiustizie e soprusi. Di stato o privati. E' prete di strada, durante i giorni tragici del G8 del 2001, quando partecipa ai cortei dei migranti, quando si scaglia contro chi ha picchiato e torturato ragazzi e ragazze alla scuola Diaz e alla caserma di Bolzaneto.

Spiega: "che cosa dovevo fare? là in mezzo c'erano anche i miei ragazzi, c'erano tanti giovani". Sempre con il sigaro acceso in bocca e, in inverno, il cappello in testa. Sempre in giro a difendere, capire, parlare. Spiegare. Andrea Gallo nasce a Genova il 18 luglio del 1928, da una famiglia cattolica, con solidi valori antifascisti, che il "don" fa suoi, lui che ammira il fratello comandante partigiano. Sacerdote dal 1959, è cappellano su una nave riformatorio, la Garaventa, temuta per la durezza delle punizioni, lui prova a far cambiar rotta, invece deve lasciare tutto. Passa in un quartiere di Genova, al Carmine, ma le sue prediche dove racconta che, tra le droghe, peggio dell'hashish, a volte fanno le parole, gli conquistano la definizione di "prete comunista".

La Chiesa lo allontana di nuovo, lo accoglie un altro sacerdote, parroco di San Benedetto. E' il 1970. Lì don Gallo, realizza il suo progetto, apre la Comunità di San Benedetto al Porto che raccoglie chi vuole liberarsi dalla droga, o le donne che si guadagnano la vita vendendo il loro corpo su un marciapiede.

E' uomo dal coraggio di vivere, Andrea Gallo, che non trova nulla di strano nell'unione tra due persone dello stesso sesso, che ha il coraggio di ammettere di aver provato l'amore in gioventù. In politica si schiera con i Verdi, il Pd, Sel, "che cosa volete? che dica di no a chi difende l'ambiente o aiuta i poveri?" si giustifica. Nichi Vendola gli telefona spesso per affetto, con il Pd ligure è in ottimi rapporti, é amico di Beppe Grillo che andava gratis a far spettacoli in comunità.

Don Andrea Gallo non è mai stato sospeso a divinis. Perché in fondo, era essenzialmente questo: un prete. Peccato non possa vivere la chiesa di papa Francesco, a cui aveva dedicato l'ultimo libro. La chiesa degli umili, dei poveri. La sua chiesa.

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