12 marzo 2012

Mancano all'appello oltre 100 milioni di donne

di Danilo Quinto

I metodi per raggiungere lo scopo possono essere vari. Nella gola della neonata, si può inserire del tabacco o dei grani di riso o degli impasti ottenuti mescolando insieme acqua e cereali o un panno bagnato o un cuscino. Poi, si annega la neonata in un secchio d'acqua o la si seppellisce in un vaso di terracotta, successivamente sigillato, dove può resistere fino a due ore prima di soffocare. A volte vengono anche impiegati veleni e pesticidi che provocano il decesso attraverso convulsioni ed emorragie.

E’ l’infanticidio femminile, praticato da secoli ed ancora oggi diffuso, anche se sostituito, in molti Paesi del mondo, grazie alla moderna tecnologia, con la pratica dell’aborto selettivo. “una tecnologia di tipo reazionario”, scrisse il Premio Nobel Amartya Sen vent’anni fa.

Una tecnologia che è diventata anche un business. Secondo il Wall Street Journal del 21 aprile 2007, alcune società hanno venduto talmente tanti apparecchi ecografici, che in India è possibile fare diagnosi ecografiche persino nei piccoli paesi che sono ancora privi di acqua potabile o di strade decenti. Il costo è di circa 8 dollari (5,6 euro) a ecografia, l’equivalente di una paga settimanale. La General Electric vende circa 15 modelli diversi, il cui costo varia da 100.000 dollari  per gli apparecchi più sofisticati a colori, a 7.500 dollari per quelli in bianco e nero. In India esistono più di 30.000 cliniche, registrate presso il Governo, che fanno diagnosi ecografiche. Si fa presto a fare i conti.

Attualmente, sebbene la legge lo abbia vietato nel 1994, il test per l'identificazione del sesso del feto, eseguito con varie tecniche, è ampiamente disponibile anche nelle aree rurali più remote. L'amniocentesi, che resta ancora oggi il metodo più diffuso, è praticata in migliaia di ospedali, cliniche e ambulatori, sebbene spesso tali luoghi non siano altro che strutture improvvisate prive perfino delle attrezzature mediche essenziali.

Accanto all'amniocentesi, si trova l'ecografia che grazie alla sua maneggevolezza, alla semplicità di attuazione e al basso costo si sta rapidamente diffondendo anche se, rivelando il sesso del feto attraverso l'immagine, è utilizzabile solamente ad uno stadio avanzato della gravidanza, portando ad aborti tardivi e rischiosi. Malgrado ciò, poiché in India l'aborto è praticabile a discrezione del medico fino alla ventesima settimana, l'ecografia viene comunque utilizzata a questo scopo.

Da quando, nel 1979, è stata aperta la prima clinica specializzata, la scienza medica e la tecnologia moderna sono state abusate in tutti i modi possibili per soddisfare le richieste sociali che impongono ad ogni donna di partorire almeno un figlio maschio. Prima che la legge lo rendesse illegale le cliniche, gli ospedali e tutti coloro che erano disposti ad eseguire il famigerato test si lanciarono in un'aggressiva campagna pubblicitaria che tramite poster, volantini, mediatori e qualunque altro mezzo possibile, propagandavano il servizio a prezzi stracciati. Ma fu l'ecografia a segnare il momento di svolta, offrendo la possibilità anche alle donne residenti nelle zone rurali più remote di accedere al test grazie ad automezzi itineranti attrezzati allo scopo.

Il divieto di servirsi di qualunque tipo di tecnica per l'identificazione del sesso del nascituro, imposto dallo stato indiano, non ha ostacolato l'attività. Dalla sua promulgazione nessuno è stato condannato per aver infranto la legge (Mudur, 1999) né tra i medici, che rivelano il risultato solo oralmente e senza lasciare tracce, né tra le pazienti che se mai intendessero farlo, senza una prova scritta, non avrebbero alcuna possibilità di intentare una causa.

L'aborto selettivo è largamente diffuso in tutti gli stati del Nord dell'India, dove la preferenza per il figlio maschio si esprime con punte particolarmente preoccupanti in Punjab, in Haryana e in Uttar Pradesh. Generalmente coesiste con l'infanticidio femminile, anche se negli stati più prosperi, dove le strutture mediche e la tecnologia per l'identificazione del sesso del feto sono maggiormente diffuse, come l'Haryana e il Punjab, ha quasi totalmente sostituito l'infanticidio. In questi due stati è molto comune che una donna si sottoponga ripetutamente ai test e all'aborto finché non ha raggiunto il numero di figli maschi desiderati, nonostante questo metta in serio pericolo la sua salute.

Il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione fissa a 950:1.000 il normale rapporto della natalità maschio/femmina. Nel Punjab, le femmine sono scese addirittura a 793 ogni 1.000 maschi. Percentuali simili in Gujarat e Haryana, i due stati più ricchi della federazione.

In base alle stime eseguite dalle Nazioni Unite, solamente in India sarebbero oltre 50 milioni le donne “mancanti”. Altri dati, dicono oltre 60 milioni.

La Cina è un altro Paese in cui la proporzione tra i sessi è fortemente squilibrata a causa dell’aborto selettivo di embrioni femminili. La popolazione maschile cinese supera quella femminile di 37 milioni di unità. E’ lo squilibrio più alto del mondo. Un esempio significativo del devastante fenomeno è il caso della città orientale di Lianyungang. Nella città, nella provincia orientale dello Jiangsu, ci sono soltanto cinque bambine ogni otto bambini. Stando a quanto denunciato in un "dossier" dell'"Associazione cinese per la Pianificazione Familiare", sull'isola meridionale di Hainan i neonati maschi sono ormai 136 contro appena cento dell'altro sesso. A livello nazionale il rapporto è di 119 a cento, ben al di sopra della media internazionale che è di 107 a cento.

Ma Cina e India non sono i soli Paesi dove si pratica l’aborto selettivo. La “guerra globale contro le bambine”, come l’ha definita in un suo saggio l’esperto Nicholas Eberstadt, che è direttore della cattedra Henry Wendt di Economia Politica all’American Enterprise Institute, riguarda anche l’Europa, l’America e i Paesi islamici.

In natura, il rapporto alla nascita varia normalmente dai 103 maschi per 100 femmine ai 105 per 100 (solo in rarissimi casi arriva a 106 maschi per 100 femmine).

Uno studio dell’US Census Bureau del 2003, mostrava un’impennata nel rapporto tra maschi e femmine nelle ex repubbliche sovietiche di Azerbaijan, Armenia e Georgia, dove tra il 1989 e il 2001 si è passati dai 106 maschi a una cifra che va dai 115 ai 120 per 100 femmine. Già alla fine degli anni ’90 c’erano diversi Paesi europei che presentavano un rapporto superiore ai 107 maschi per 100 femmine: Bulgaria, Estonia, Grecia, Lussemburgo, Macedonia, Serbia-Montenegro, Cipro.
Anche il mondo islamico presenta diversi Paesi con un rapporto sbilanciato: Egitto, Libia, Tunisia, e poi Qatar, Kirghizistan, Pakistan, Malaysia. In America Latina, Cuba, El Salvador, Venezuela. Un caso particolare è quello degli Stati Uniti, dove negli ultimi decenni si nota un cambiamento all’interno della comunità etnica asiatica: da una media di circa 103/100 ai 108/100. Mentre, la comunità giapponese è passata 99,7 a 108,9 maschi per 100 femmine.

Nel suo saggio, Eberstadt sottolinea altre statistiche. La prima riguarda le preferenze delle madri sul secondo figlio: in Pakistan, ad esempio, è di 10 a uno per il figlio mascio; nello Yemen è di 2 a 1, nei territori palestinesi di 3 a 1. L’altro dato riguarda l’indice di mortalità infantile: in molti Paesi si riscontra nei bambini al di sotto dei quattro anni una maggiore mortalità femminile rispetto a quella maschile. Si tratta degli stessi Paesi che presentano uno squilibrio nel rapporto alla nascita.

Sono dati che confermano che a livello globale, negli ultimi decenni, si è prodotta quella “guerra contro le bambine”, favorita dalla diffusione delle pratiche abortive e di selezione del nascituro o di sterilizzazione delle donne, spesso finanziate dai programmi delle Agenzie delle Nazioni Unite e dagli stessi Governi, spaventati da una “bomba demografica” che in realtà non esiste.

Risultato? Centosessantatré milioni di donne - altre stime parlano di un numero ancora più grande -che sono mancate negli ultimi trent’anni: abortite, fatte fuori subito dopo essere nate, destinate alla morte perché non curate in tenerissima età.

L’eugenetica moderna - di questo si tratta - non ha nulla da invidiare a quella della prima metà del secolo scorso. Anzi, forse è ancora più feroce, certamente più attrezzata tecnologicamente, più persuasiva. Più colpevole, perché consapevole delle aberrazioni praticate da quella del Novecento.

La versione integrale di questo articolo è presente sul sito
http://www.labussolaquotidiana.it/

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