07 marzo 2012

Disinibizione online: onestà su Facebook e troll due facce della stessa medaglia


La comunicazione online è diventata ormai parte integrante dei nostri rapporti sociali: i vari livelli d’interazione presenti sulla rete ci portano volenti o nolenti a sostituire le dinamiche della vita reale con chat, email e tutto ciò che Internet ci offre. E poi ci sono i social network, dove non è possibile mantenere l’anonimato: su questi la gente tende a essere più onesta e schietta scoprendo lati della sua personalità che non mostrerebbe al prossimo di persona, allo stesso modo in cui i pazienti sono pronti a offrire maggiori informazioni in caso di consulto online, rispetto a uno che avvenga nello studio di un dottore. La stessa cosa vale anche per i sondaggi: quelli online sono per chi li fa più veritieri di quelli condotti ponendo le stesse domande di persona.
Fin qui il mondo della rete sembrerebbe quasi perfetto nella sua onestà, se non fosse per un piccolo problema: la presenza di altre piattaforme tipo forum e blog, dove è possibile celarsi dietro a uno pseudonimo per esprimere le proprie opinioni. Parlando di blog, chi ne ha uno sa che le critiche nei commenti possono essere spesso più dure di quanto si meriti, non ne parliamo se espresse appunto da chi decide di usare un nickname: la stessa persona può però dimostrare di esprimersi in modo più calmo e ragionato se contattata direttamente; identica dinamica a quanto avviene su Twitter nel passaggio da tweet pubblico a messaggio diretto. Ecco quindi che la stessa onestà e franchezza diventano un potenziale pericolo in grado di trasformare una persona civile in un perfetto maleducato.
Il motivo per cui succede tutto ciò? La natura umana, identica a quella animale dove il contatto faccia a faccia è già visto di per sé come una minaccia. Mettete per esempio due scimmie in una gabbia o due persone sconosciute in un ascensore, il risultato sarà praticamente identico: eviteranno di incrociare gli sguardi quanto più possibile, finendo (ovviamente nel caso degli umani) a parlare di argomenti futili e poco impegnativi dal punto di vista emozionale. Lo sa bene del resto la Chiesa, che da secoli tende a separare confessore e confessato da una griglia o un qualcosa che comunque ne impedisca il contatto visivo, così come gli psicologi invitano i propri pazienti ad accomodarsi sui lettini guardando in aria per aprirsi maggiormente a loro. Più il mezzo di comunicazione è impersonale, più soprattutto tra sconosciuti si tende a essere personali e in confidenza, anche quando ciò è palesemente sbagliato.
Ed è così dunque che scrivere online una critica furiosa a qualcuno non è visto nella nostra mente come un vero confronto, così come invece può accadere in un’interazione faccia a faccia o anche semplicemente via telefono. Il tutto viene poi come dicevamo ingigantito, nel caso in cui a proteggerci ci sia anche la possibilità di restare nell’anonimato. John Suler della Rider University ha coniato per tale fenomeno il nome effetto disinibizione online, secondo il quale appunto via rete mancherebbero totalmente le gerarchie in grado di stabilire un rapporto dominante-dominato tra due individui, cosa che invece avviene normalmente nei rapporti nella vita reale senza che noi nemmeno ce ne accorgiamo.
La rete dà quindi l’impressione di trovarsi contemporaneamente tra pari e senza confronto, inducendo le persone a essere più schiette (nel modo anche controproducente che dicevamo prima) o ancora peggio a comportarsi in modo maleducato, al contrario di quanto invece farebbe nella realtà. I troll e i loro flame da un lato, e l’onestà “buona” online dall’altro, sono quindi figli dello stesso tipo di comportamento: a sorprendere forse è proprio il “lato chiaro”, visto che per anni prima dei social network la rete era principalmente vista come un covo di potenziali disonesti protetti dall’anonimato. Facebook e compagnia, con le loro relazioni sociali poggiate su nomi veri, ci hanno invece portati a diventare più onesti coi nostri amici virtuali rispetto alla vita reale: un comportamento da tenere a bada, in quanto esistono cose che è comunque bene non pubblicare online.

Fonte http://online.wsj.com/

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