23 febbraio 2012

Sempre più farmaci "generici" in farmacia e sulle ricette - Ma noi ci fidiamo?


In arrivo molti medicinali copia. Sarà il medico a informare il paziente se è possibile utilizzare il generico
Finora, chi arrivava in farmacia con una ricetta doveva aspettarsi la domanda del farmacista: «Vuole il generico, rimborsato dal Servizio sanitario o il medicinale “di marca” prescritto dal suo medico? In tal caso dovrà pagare la differenza di prezzo rispetto a quello rimborsato». Era questo il risultato di una norma ideata per favorire il consumo dei farmaci equivalenti (o generici), che nascono da molecole per le quali è scaduta la protezione del brevetto e che quindi possono essere venduti il più delle volte a minor prezzo rispetto all’originale. Nulla comunque vietava all’assistito di rimanere fedele “al marchio”, purché fosse disposto a pagare quanto eventualmente eccedeva la quota rimborsata dal Servizio sanitario. E, stando ai dati, spesso lo faceva.
Forse per una malcelata diffidenza nei confronti dei generici, o perché non vedeva di buon occhio il fatto che il farmacista sostituisse un medicinale prescritto dal medico. Dalle prossime settimane ci sarà un piccolo cambiamento, i cui risultati potrebbero però essere importanti. Se non subirà variazioni, il decreto legge sulle liberalizzazioni – quello definito “Cresci Italia” – prevede infatti che sia compito del medico stesso informare i pazienti dell’eventuale disponibilità di farmaci generici. Il medico dovrà indicare sulla ricetta, a fianco del medicinale “con marchio” prescritto, la dicitura “sostituibile con equivalente generico” e il farmacista, in questo caso, procederà sostituendo il medicinale, a meno che il paziente non confermi di volere il prodotto “di marca”. Oppure, il medico espliciterà sulla ricetta che il farmaco prescritto è “non sostituibile”.

INTANTO QUEST’ANNO

scadrà la protezione brevettuale di ben 44 molecole (che si potrebbero andare ad aggiungere ai 233 principi attivi – o associazioni – già trasformati in generici). E tra queste ci sono dei veri e propri campioni di vendita. Per esempio, nel 2012 toccherà all’atorvastatina, il prodotto per ridurre il colesterolo che da anni è il medicinale più venduto al mondo. Secondo Ims Health (multinazionale specializzata in analisi di mercato), soltanto in Italia questa sostanza ha fruttato 490 milioni di euro all’azienda produttrice nel periodo compreso tra l’agosto 2010 e l’agosto 2011. C’è poi il farmaco contro l’ipertensione irbesartan, altro cavallo vincente da 127 milioni di euro; l’antiasmatico montelukast, che ha reso 89 milioni. Ed entro il 2013, tra altre decine di brevetti in scadenza, toccherà, per citare solo qualche nome, all’associazione salmeterolo/fluticasone contro la bronchite cronica e l’enfisema (che vende confezioni per quasi 300 milioni di euro l’anno) e a diversi altri farmaci, meno redditizi ma non meno importanti: per esempio, medicinali per l’Alzheimer e il Parkinson (donepezil, galantamina, entacapone, tolcapone), per l’osteoporosi (raloxifene), per le malattie psichiatriche (quetiapina) o il dolore (ossicodone). In scadenza anche il brevetto del Viagra (66 milioni di euro il valore delle vendite).

UN ELENCO LUNGO

quello che, secondo le stime di Ims Health, tra il 2012 e il 2015 riguarderà in totale brevetti pari a un mercato di circa 2 miliardi di euro in Italia. «Le nuove disposizioni sulla sostituibilità dei farmaci “di marca” con l’eventuale generico arrivano nel momento giusto — commenta Maria Font, farmacista dell’Ulss 20 di Verona e vicedirettore della rivista Dialogo sui farmaci — perché c’era bisogno che il medico si riappropriasse del suo ruolo nella prescrizione e nell’informazione al paziente». Secondo il ministero della Salute, le norme dovrebbero vincere le resistenze e «favorire l’uso di medicinali equivalenti a più basso costo, in tutti i casi in cui non sussistano specifiche ragioni sanitarie che rendano necessario l’uso dello specifico medicinale indicato dal medico». Nonostante abbia raggiunto gli 800 milioni di euro l’anno, il mercato dei generici, in Italia, continua infatti a segnare il passo rispetto a Paesi europei in cui da più tempo si ricorre a questa categoria di farmaci. Poco più del 13% dei medicinali assunti dagli italiani sono farmaci senza brand (marca). Una quota ancora piccola, se si considera che più del 55% dei medicinali a disposizione è a brevetto scaduto. In concreto, quando si può scegliere tra un generico e un farmaco “di marca”, quasi 3 italiani su 4 optano per quest’ultimo. Nulla a che vedere con gli Stati Uniti, dove la percentuale di preferenza per il generico è del 90% o con la Gran Bretagna e la Germania, dove arriva al 70%. «C’è da tenere conto che, rispetto ad altri Paesi europei, in Italia gli equivalenti sono stati introdotti più tardi» precisa Font. Anche se la prima normativa che li definisce è del 1996, soltanto nel 2001 i generici sono approdati concretamente sul mercato italiano. Con quasi un trentennio di ritardo rispetto a Stati Uniti, Germania e Regno Unito e 20 anni dopo i Paesi nordici. «Ora, però, dovremo fare un ulteriore salto, dato che i generici sono una voce importante di risparmio» aggiunge Font.

DELLO STESSO AVVISO

è il direttore del reparto di Farmacoepidemiologia del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute (Cnesps) dell’Istituto superiore di sanità, Roberto Raschetti, che aggiunge: «Sul fatto che, a parità di principio attivo, si continui a preferire il prodotto “di marca” pesa probabilmente l’atteggiamento dei pazienti, legati al farmaco di cui conoscono bene il nome». La sensazione è confermata dai dati: un’indagine condotta da Sextantfarma nel biennio 2009-2010 su un campione rappresentativo della popolazione mostrava che è ancora forte nei pazienti la convinzione che a un prezzo inferiore corrisponda una minore qualità ed efficacia. Dall’indagine emergeva una certa diffidenza nei confronti dei generici anche da parte dei medici di medicina generale: circa la metà del campione dichiarava perplessità, nella maggior parte dei casi perché dubitava della loro efficacia o per timori sulla tollerabilità del medicinale. «C’è carenza di informazione, — sottolinea Achille Caputi, direttore del Dipartimento clinico-sperimentale di Medicina e farmacologia dell’Università di Messina — per cui è importante fugare ogni dubbio sui generici». Ancor più in una fase in cui, da una parte la crisi impone di stringere la cinghia e dall’altra si prevede un arrivo imponente, e probabilmente in tempi più rapidi, di nuovi generici. Un altro intervento contenuto nel decreto “Cresci Italia” ha infatti abrogato (salvo cambiamenti in fase di conversione) la norma che non consentiva alle aziende di avviare le pratiche per il riconoscimento dell’equivalenza prima della scadenza del brevetto. Ora non sarà più così e il generico potrà essere disponibile non appena la protezione sarà scaduta. Una novità positiva per i produttori di generici, secondo cui si è rimossa la causa di «inutili rallentamenti» nell’accesso a farmaci che riducono la spesa. Da parte loro, i produttori di medicinali griffati lamentano un’incongruenza: a causa di un’altra legge (del 2009) devono attendere 9 mesi prima di poter abbassare anche i loro prezzi a livelli competitivi rispetto a quelli del generico.

Antonino Michienzi

La versione integrale e originale di questo articolo è presente sul sito
http://www.corriere.it/

Immagine e Articolo Letto su
http://ilfattaccio.org/

1 commento:

Giacomo ha detto...

sono medico e vorei precisare una cosa: se è pur vero che in Italia si usano meno generici che altrove bisogna anche dire che ad eccezione di pochisismi casi il farmaco di marca con brecetto scaduto costa comunque come il generico allo stato e l'eventuale differenza la paga il paziente che spsso la VUOLE pagare perchè non si "fida" del generico prodotto magari in India o in Pakistan... quindi che li si utilizzi o meno i generici comunque permettono grossi risparmi sulla spesa farmaceutica;