30 giugno 2011

Nuovi tagli agli insegnanti di sostegno e alunni disabili trattati da "truffatori".


Malgrado la protesta in piazza Montecitorio della scorsa settimana abbia avuto un discreto successo (con alcuni politici non hanno rimarcato ad usare quella manifestazione a loro uso e consumo, tramutandola di fatto in una loro vetrina), continuano ad arrivare pessime notizie sul fronte dei disabili italiani.
Il Governo attraverso l'ultima Finanziaria continua a stritolare lo Stato Sociale, incredibilmente continuando a criminalizzare i disabili. Vi assicuro che riportare ogni qualvolta queste notizie fa male, ma qui si continuerà a farlo. Non ci stancheremo e continueremo a lottare, denunciando quanto grave sia la situazione nel nostro paese nel campo dei diritti umani calpestati. La speranza e che quanto denunciato ripetutamente qui e su internet (ma anche dalle associazioni del settore) venga letto e condiviso da quanti ci leggono dall'estero (in modo che la nostra lotta e la nostra protesta abbia una svolta, e giunga quindi agli occhi di tutto il mondo).
L'Italia è il suo Governo sta attuando un progetto premeditato, utilizzando per per di più quelle tecniche di persuasione di massa in modo simili alle tecniche naziste (leggi il Progetto T4 lo sterminio dei disabili). Una propaganda che mira oggi come allora, a mettere sotto il tappeto i problemi reali del paese, inscenando grazie alla complicità dei media (che di fatto controllano), una netta violazione dei diritti umani. Tutti quanti noi con le parole possiamo mentire, strumentalizzare gli eventi, ma all'atto pratico rimangono i fatti di questo Governo e quanto riportato qui sotto è l'ennesimo capitolo di una vicenda grottesca, indegna per un paese civile.
Svegliati e indignati Italia! Reagisci!!

Da Studenti.it - Altri 100.000 tagli alla scuola. Ecco le misure della nuova finanziaria.
Con la nuova legge finanziaria si preannunciano nuovi tagli alla scuola, dai presidi agli insegnanti di sostegno, ma il Ministero dell'Istruzione nega che ci saranno nuove riduzioni di organico.
La Legge Finanziaria potrebbe portare nuovi tagli alla scuola pubblica. Il Ministro Giulio Tremonti, nella supermanovra economica da 44 miliardi di euro, ha previsto anche un articolo sulla "Razionalizzazione della spesa relativa all'organizzazione scolastica". Secondo il quotidiano La Repubblica sarebbero a rischio altri 100.000 posti di lavoro. Prima di tutto, il governo vorrebbe eliminare i circoli didattici, costituiti solo da scuole materne ed elementari, dando vita ad istituti comprensivi di scuola materna, elementare e media. In questo modo, come si legge sulla Repubblica, "saranno accorpate un terzo delle 10.452 istituzioni scolastiche per ridurre il personale", risparmiando sui "posti di dirigente scolastico, di segretario e di personale amministrativo". Inoltre le piccole scuole (quelle con "meno di 500 alunni o 300 se in piccole isole o in comuni montani") avranno presidi a tempo parziale che guideranno due istituti; saranno bloccati gli stipendi di insegnanti, amministrativi, tecnici e ausiliari per 3 anni e potranno non essere confermati 30.000 insegnanti di sostegno a contratto.
C'è il rischio che il concorso per 2.386 posti di dirigente scolastico, annunciato dal Ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini ma non ancora bandito, possa essere annullato. Se i tagli ai dirigenti scolastici, infatti, saranno confermati, non ci sarà motivo di nominare nuovi presidi. Per quanto riguarda gli insegnanti di sostegno, secondo la normativa, "la scuola provvede ad assicurare la necessaria azione didattica e di integrazione per i singoli alunni disabili, usufruendo tanto dei docenti di sostegno che dei docenti di classe". Quindi gli studenti disabili potrebbero essere seguiti anche dai normali insegnanti, senza bisogno di assegnare alle classi docenti specializzati. Per far questo sarà comunque necessario "formare tutto il personale docente sulle modalità di integrazione degli alunni disabili".
Il Ministero dell'Istruzione vuole ridimensionare l'allarme lanciato dai quotidiani e, in un comunicato stampa ufficiale sui tagli alla scuola, si legge: "Al momento nessun taglio agli organici della scuola, ai fondi per l’università e sui finanziamenti alla ricerca è previsto nella manovra economica attualmente in discussione che sarà presentata in Consiglio dei ministri". Ma il fatto che nel comunicato venga scritto "al momento" è preoccupante.
Dal Ministero arriva anche una risposta al possibile tagli degli insegnanti di sostegno: "Le interpretazioni di alcuni organi di stampa secondo cui la manovra determinerebbe una riduzione della spesa per gli studenti disabili sono totalmente prive di fondamento. La manovra si limita a definire i seguenti aspetti:
- E’ confermato, come stabilito dal governo di centrosinistra, il rapporto di un insegnante ogni due studenti disabili. Tuttavia, in caso di bisogno, viene concessa una deroga a questa norma, così come disposto dalla Corte Costituzionale. Si tratta dunque di un provvedimento reso indispensabile dopo la sentenza, che non toglie, ma garantisce nuovi servizi.
- Più rigore nella certificazione della disabilità da parte delle Asl. Verrà inserito un membro dell’Inps nelle commissioni per la certificazione. In passato si sono definite disabilità in maniera disinvolta e non corretta".

Da Giornalettismo.com - “Disabili a scuola? Potrebbero essere truffatori, mandiamo gli agenti a controllare!”
La Gelmini e Tremonti presentano un comma nella manovra che stabilisce l’invio di ispettori nelle commissioni che devono certificare l’handicap dei bambini per avere l’insegnante di sostegno.
E’ l’ennesima genialata del ministro Giulio Tremonti, uno che con idee come questa ci sta impedendo di fare la fine della Grecia. E pazienza se magari in cambio facciamo quella della Spagna di Franco o del Cile di Pinochet. E la notizia la riporta Franco Bechis su Libero, con un titolo davvero significativo: “Trattano da nemici chi li ha votati”. Mica solo quelli, verrebbe soltanto da aggiungere:
Basta un comma su tutti per fare comprendere dove anche questa volta cascherà la manovra che questa sera il consiglio dei ministri sarà chiamato ad approvare. È il comma numero sei del capitolo sulla razionalizzazione della spesa relativa all’organizzazione scolastica. Stabilisce una cosa sola: l’invio di agenti speciali del governo (in questo caso dirigenti Inps) nelle commissionimediche che devono certificare l’esistenza di un handicap dei bambini per dare loro diritto a un insegnante di sostegno. La misura l’ha inserita Giulio Tremonti all’interno di un ulteriore piano di risparmi (e congelamento di spesa) sulla scuola. Ed è stata difesa ieri dal ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini con un ardore che sarebbe stato degno di migliore causa: «In passato si sono definite disabilità in maniera disinvolta e non corretta».
Prendersela con la disabilità? E’ come identificare i bambini con i falsi invalidi:
Non so se i ministri di questo governo sanno quello che fanno e magari anche quello che dicono. Succede che in politica ci si riempia la bocca di slogan,epoi siperda il senso della realtà. Così soprappensiero Tremonti e la Gelmini hanno identificato i bambini con handicap gravi e le loro famiglie a dei falsi invalidi da prendere a pedate nel sedere. Vorrei che loro mi citassero non decine, ma un solo caso di una famiglia che abbia fregato lo stato sull’handicap del proprio figlio non per avere indennità o chissà quale altro finanziamento, ma semplicemente per avere diritto a un insegnante di sostegno a scuola. Conoscono la vergogna, lo strazio, la difficoltà anche solo di segnalare alla scuola un handicap di un proprio figlio che non sia evidente e inutile da confessare?
Evidentemente sono così fortunati da poter rispondere di no alla domanda:
Se solo ne avesse la possibilità qualunque genitore – padre o madre – eviterebbe l’umiliazione del giudizio di quella commissione medica. Che senso ha mandare lì i propri giannizzeri a controllare che non freghino sull’handicap dei figli? Questo è un insulto non a quelle famiglie. Ma a tutti gli italiani. È un piccolo comma di questa manovra, ma purtroppo è lo specchio di un atteggiamento più volte visto in questi anni al ministero dell’Economia e che rischia di essere la malattia vera di questo governo: quella di considerare gli italiani non la risorsa principale di un popolo e della crescita del paese, ma un branco di furbi e furbastri a cuidare una sonora lezione. E quando un popolo diventa il nemico di una classe politica al governo, si è persa davvero ogni bussola.

29 giugno 2011

Gli ex fumatori sono irresistibili.



L’Unione Europea lancia una nuova campagna antifumo: “Gli ex fumatori sono irresistibili”. Questo il titolo del progetto triennale che costerà 16 milioni di euro solo per il primo anno. Obiettivo: aiutare gli ex tabagisti a non ricadere nella trappola e i più giovani a non iniziare. Nel mirino anche i nuovi prodotti come le "sigarette senza fumo", gli aromi aggiunti e la pubblicità.

L’Unione europea lancia la nuova campagna anti-fumo. Obiettivo: aiutare gli ex fumatori a non ricadere nella trappola della sigaretta e i più giovani a non accenderla mai. Nel mirino anche i nuovi prodotti come le “sigarette senza fumo” in vendita sugli aeroplani, gli aromi aggiunti al tabacco e la pubblicità.

La Commissione europea non ha dubbi: “Gli ex fumatori sono irresistibili”. Questo è il titolo dell’ambiziosa campagna triennale portata avanti con un budget di 16 milioni di euro solo per il primo anno, che vuole assestare un duro colpo al fumo in Europa.

Le cifre. Secondo le statistiche della Commissione, circa 650mila cittadini europei muoiono ogni anno a causa del fumo sia attiva che passivo. Sempre secondo Bruxelles, circa 80mila adulti, compresi quasi 20mila non fumatori, sono morti solo nel 2002 (quando gli stati membri erano 15), a causa delle malattie dovute a un’esposizione al fumo a casa o sul luogo di lavoro. Soltanto in Italia, secondo il Centro Antifumo del Dipartimento di Pneumologia dell’Ospedale Sacco di Milano, il fumo coinvolge 11 milioni di cittadini e provoca 85mila morti l’anno.

Oggi nei 27 paesi appartenenti all’Unione circa 13 milioni di persone soffrono di una o più delle principali categorie di malattie associate al fumo (bronchiti, malattie polmonari croniche, infarto, cardiopatie, ostruzioni arteriose alle gambe, asma, cancri del polmone).

La legislazione. Il divieto totale di fumare in tutti i luoghi pubblici chiusi e nei luoghi di lavoro, compresi i bar e i ristoranti, è in vigore in Irlanda, Regno Unito, Grecia, Spagna e Ungheria. Italia, Svezia, Malta, Lettonia, Finlandia, Slovenia, Francia, Paesi Bassi, Cipro e Polonia hanno introdotto una legislazione relativa ad ambienti liberi da fumo che consente però di fumare in appositi ambienti circoscritti.

La campagna anti-fumo dell’Ue ruota attorno a una piattaforma online chiamata “iCoach”, disponibile in tutte le lingue dell’Unione, che suggerisce le varie tappe da seguire per smettere di fumare o per non ricascare nel vizio. E a dare l’esempio saranno proprio i dipendenti dell’Unione europea, invitati “caldamente” a seguire la campagna anti-fumo. La Direttrice generale del dipartimento salute della Commissione, l’italiana Paola Testori Coggi, è stata chiara: “Chiederò a tutti i miei funzionari di registrarsi all’iCoach e spero che anche gli altri dipartimenti facciano lo stesso”.

Ma non è finita qui. La nuova campagna europea si propone di allargare le maglie della legislazione sul tabacco anche alle sigarette non tradizionali, come quelle “elettroniche” in vendita sugli aerei e sulle quali si sa ancora troppo poco. E poi ci vuole più chiarezza sugli additivi aggiunti al tabacco stesso (che secondo alcuni studi favorirebbero la dipendenza), il confezionamento, la pubblicità e le modalità di vendita delle sigarette.

Testimonial indiretto della campagna è proprio il commissario europeo alla salute, il maltese John Dalli, anch’egli ex fumatore. “Posso dire per esperienza diretta che sto molto meglio adesso che non fumo più. Ho deciso di smettere quando sono stato nominato ministro a Malta, sapevo che questo mi avrebbe aiutato a lavorare meglio. La parte più dura sono le prime due settimane, poi diventa più facile”. Anche secondo Dalli è fondamentale che l’Ue allarghi la legislazione sul tabacco a settori oggi in espansione e inadeguatamente regolamentati, come la pubblicità e le modalità di vendita. Ma su questo versante, la resistenza delle lobby del tabacco si annuncia durissima.

Fonte Il Fatto Quotidiano

Disabili: 8 famiglie su 10 non assistite da servizi pubblici


Stando al Rapporto sulla non autosufficienza in Italia nel 2010, sono due milioni e 600 mila gli italiani che vivono in famiglia in condizione di disabilità. Numeri a cui bisogna aggiungere i minori di 6 anni, che secondo le stime sono circa 200 mila persone.

Se otto su dieci di questi nuclei familiari non usufruiscono di servizi a domicilio pubblici, la richiesta di aiuto è invece esplicita: il 31,9% delle persone disabili che vivono sole e il 46,8% delle famiglie in cui tutti i componenti sono disabili dichiarano che avrebbero bisogno di assistenza sanitaria a domicilio erogata dalla Asl.

L’invecchiamento della popolazione non potrà che aggravare il problema: due milioni di disabili sono infatti persone anziane. La disabilità è pari al 9,7% della fascia di popolazione dai 70-74 anni, cresce fino al 17,8% nella fascia dai 75-79 anni per raggiungere il 44,5% degli ottantenni.

Un carico che ricade molto spesso sulle famiglie e specialmente sulle donne. Secondo l’Istat supera il 10% la quota delle famiglie con almeno una persona con problemi di disabilità. Nel 41,8% dei casi si tratta di persone disabili che vivono sole (35,4%) o di persone disabili che vivono con altre persone disabili (6,4%). Nella maggioranza delle famiglie (58,3%), al contrario, c’è almeno una persona non disabile che può farsi carico delle persone con disabilità che fanno parte della famiglia.

Anche il Censis denuncia il fatto che le famiglie sono lasciate sole. In questo contesto la possibilità di utilizzare un linguaggio comune e condivisibile, quale quello dell’ICF (International Classification of Functioning Disability and Health - Classificazione internazionale del funzionamento), consente l’utilizzo di uno strumento rivoluzionario nell’ambito di un processo di ottimizzazione delle risorse volte: al soddisfacimento dei reali bisogni; alla puntuale definizione dei percorsi di istruzione, dei progetti di intervento di cura e di care delle persone con disabilità.

Dal 2001 l’Organizzazione Mondiale della Sanità, attraverso questo strumento, ha contribuito a diffondere una nuova cultura della salute (positivo funzionamento delle dimensioni biologiche, psicologiche e sociali della persona) e un nuovo approccio alla disabilità.

Fonte Sanihelp.it

27 giugno 2011

Coma


Da Aurora Web
"Vorrei raccontare la mia esperienza di coma, termine che in greco significa "sonno" e tutti sappiamo che è una condizione che provoca una totale perdita di coscienza, per una grande sofferenza del cervello, provocata da molti fattori, nel mio caso da sostanze estranee all'organismo: farmaci sedativi, barbiturici, ecc. Lascio ai professionisti il compito di giudizio, selezionando tutti i tipi di coma, catalogarli, dar loro, dietro conoscenze, punteggi giusti per definire, a prescindere dalla causa, lo stato di gravità.
Io sono e rimarrò una semplice "paziente", che nonostante la sofferenza del cervello, riesce a pensare, a captare, capire. Capire soprattutto che esiste una breve parola, ma terribile alla nostra mente: coma.
Anche se gli occhi sono chiusi, è sostanzialmente differente da uno che dorme, sei completamente isolato dal mondo esterno e vivi nella sospensione di questo nuovo pianeta.
Un giorno, dopo un paio di mesi di cure per depressione e anoressia, dopo dieci anestesie totali nell'arco di un solo mese (per darmi una smossa), il mio peso era esattamente uguale al primo giorno in cui mi ricoverai: 37 kg, febbre da cavallo. Vi era molto movimento quella mattina nella mia cameretta, quasi quasi quei "mostri metallici", col compito di fotografarrmi internamente, non riuscivano neppure a farsi spazio. Vedevo, anche se in modo un pò deforme, tutto quel trambusto, ma la mia apatia mi sussurrava: "non permettere al tuo cervello di preoccuparti, se hanno problemi tecnici, anzi, scherzaci sopra, come hai sempre simpaticamente fatto, pensa di essere in una villa termale e godi al pensiero che riceverai quelle cure così rilassanti e benefiche che tutti dovrebbero provare".
Cercai di ubbidire, ma con tanta fatica, la febbre aveva superato i 39,5 gradi e la testa doleva sino al punto di attendere uno scoppio, per vedere di persona, coi miei occhi, il contenuto dei miei emisferi e constatare se vi erano danni dopo tutte quelle persecuzioni devastanti.
Smisi di pensare, ma la testa....quanto male!
Quella mattina non avevo alcuna voglia di scherzare e mi resi conto di non stare per niente bene. Mi viene in mente mio fratello, quando chiamò l'infermiera e le disse: " Mi sembra di non stare troppo bene...dopo alcuni minuti, gli morì fra le braccia".
Tornando nella mia cameretta, era una splendida giornata di sole, i raggi filtravano dalle tendine, ma nessuno di essi venne a darmi un bacio, pareva quasi avessero timore di me, li vedevo in una girandola multicolore che correvano dentro a quella stanza, quasi a captare quello che sarebbe successo. Ad un certo punto, la testa cominciò a girarmi come quella girandola di sole, ma quanta differenza!
Sentii dell'acqua in bocca, iniziai a vomitare, misero del ghiaccio sulla fronte, al che ebbi una scossa, (forse elettrica, se vi era di scorta), sentii appesantirmi gli occhi come se avessero messo sopra due pietre, e a quel punto, rimasero chiusi, chiusi per cinque giorni e cinque notti ed intorno a me vi era soltanto buio. Ed ora, ecco la mia testimonianza di quei giorni trascorsi in coma.
Menzionando, per me, quest'orrida esperienza--
non senti parlar d'altro che di luce, di lunghi tunnel bui, ma che due mani
ti guidano all'uscita, dove t'investe quella luce immensa--
Ma per gli specialisti è teoria falsa, è per loro errore--
e nulla ancora vi è di matematico e forse forse anch'io mi associo a loro,
ma poi c'è il cuore....con dentro troppo amore--
Quasi non riesci a contenerlo tutto, e sovrastando gli altri sentimenti--
mi associo volentieri a chi è felice, a chi vede luce, angeli e paradiso:
perchè distrugger loro quei momenti?--
Vorrei questa teoria fosse vera, da sentirla veramente forte--
specie per chi deve prolungare il sonno,
quel sonno profondo che evoca la morte--
Ma questo non è stato il caso mio--
quei cinque giorni, vissuti in un inferno,
non vidi luce, nè stelle e neppur Dio--
 Solo silenzio, interrotto a volte da un lontano pianto--
proveniente di sicuro dal pianeta terra, dove tante domande e tante
apprensioni, portano la madre ad invocare il Santo--
E tutto quel buio? Quanto terrore dona!--
Si, è troppo nero per me, si diverte come un caleidoscopio deformando figure ed ingrandendo mostri, mentre il mio cuore spaventato batte all'impazzata,
ma è sempre lì con me, anche se sono in coma--
E poi, c'è tanto fuoco, derivato forse dalla febbre forte?--
Non poteva star fuori almeno lui? No! Prepotentemente s'infila dentro un mostro, e uscendo dalla bocca, sfoggiando quel gran fuoco, avanza a
me correndo. Si, quella per me era la morte--
Nonostante tutto mi preparai a combattere--
ma non sapevo come. Mi rivolsi al mio Dio: "Se Tu vuoi prendermi, arresta questi incubi, mi fanno troppo male"! Improvvisamente sentii i miei occhi sbattere--
Ed è così che mi risveglio al mondo e questa "vera poesia"--
ve lo conferma. Rivedo ancora mostri, ed è con grande forza, che combattendo, riescono ad andar via--
E come diceva Dostoevskij ne l' Idiota, voleva che vincesse il bene sul sopruso e sul male. Vinse.
Non so chi ha visto quel delicatissimo film " Parla con lei ", del famoso regista Almodovar, dove racconta con immagini poetiche, le condizioni di isolamento dal mondo esterno, dalle emozioni, suoni, stimoli, provocata dal coma, dando la speranza del risveglio da questo lungo sonno.
Ed io sono fermamente convinta che le esperienze scientifiche associate all'affetto ed alla sfera emozionale, significa pensare al coma non come una condizione ad un passo dalla morte, ma come da una situazione da cui avvicinarsi alla vita. Penso anche che il coma sia una metafora per dire come l'amore, le cure, la dedizione e lo starti accanto, possono farti uscire dalla "solitudine" e ad aprire all'ascolto ed alla comunicazione con "l'altro".
E forse è ciò che io sto facendo con voi. Il vostro interesse per me, il dirmi una parola, anche un semplice "ciao", mi sta portando piano piano ad aprire il mio cuore, comunicando a voi e vi ringrazio tutti per ciò che mi permettete di fare.
Gira che rigira, anche per questo tema, ciò che spicca maggiormente, è l'amore. Mio Dio, se non ce l'avessi donato, bisognerebbe inventarlo, da quanto questo meraviglioso sentimento abbia una forza invincibile su ogni persona e su ogni cosa.
Bisogna solamente crederci davvero e quando lo sentirai dentro il tuo cuore, quando sentirai che è inesauribile, ti verrà naturale donarne un poco agli altri, magari aiutandoli a superare momenti difficili, e la contentezza che sentirai dentro il tuo cuore, oltre ad essere una dolce ricompensa, sarà come un balsamo per te e ti porterà a ringraziare Dio della cosa più bella che ci ha donato: l'Amore."
Link http://www.aurora1946.it/poesie/coma.htm

Le mappe dell'inquinamento atmosferico in Europa

(Clicca la Foto) 

La Commissione europea e l’Agenzia europea per l’ambiente hanno partorito e messo online a disposizione di tutti i cittadini una mappa dell’inquinamento nel vecchio continente. Il lavoro è mastodontico: si tratta di 32 mappe sovrapponibili che non solo permettono di localizzare le principali fonti diffuse di inquinamento atmosferico, ma anche di distinguere fra i principali inquinanti e il settore responsabile delle emissioni, dall’industria alla mobilità su gomma.

Rendere pubblici questi dati ha lo scopo, deliberato, di informare i cittadini europei perché reagiscano e si facciano sentire con le autorità locali. Lo dichiara apertamente Jacqueline McGlade, direttrice esecutiva dell’Agenzia europea per l’ambiente:

L’inquinamento atmosferico è una seria minaccia per la salute e in particolare per i soggetti vulnerabili come i bambini e le persone che soffrono di malattie respiratorie. Informando i cittadini sull’inquinamento atmosferico determinato dai trasporti, dalle case e da altre fonti presenti nell’ambiente dove vivono queste mappe danno la possibilità ai cittadini di agire e sollecitare le autorità a migliorare la situazione.

Il progetto è in implementazione dell’E-PRTR che dal 2009 prima di oggi riportava soltanto i dati provenienti dell’inquinamento atmosferico dalle fonti puntuali delle grandi aziende. Nelle nuove mappe sono state inserite le informazioni sulle emissioni delle fonti diffuse: trasporto stradale, marittimo, aereo, dal riscaldamento degli edifici, dall’agricoltura e dalle piccole imprese. Le 32 mappe, con la possibilità di zoom su aree di 5 km, indicano le fonti d’inquinamento in particolare gli ossidi di azoto (NOX), gli ossidi di zolfo (SOX), il monossido di carbonio (CO), l’ammoniaca (NH3) e il particolato (PM10).


Fonte ecoblog

25 giugno 2011

Essere positivi è un investimento redditizio

La persona ottimista si ricorda di tutte volte che ha superato le avversità: quando affronta un momento difficile, non crede che durerà per sempre ed è sicura di poter fare qualcosa per superalo o per ridurne gli effetti.
L’autorevole psichiatra originario di Siviglia, Luis Rojas Marcos, ha sottolineato l’importanza dell’ottimismo nel suo discorso inaugurale come docente onorario dell’Accademia Reale di Medicina e Chirurgia di Siviglia. “Imparare a sentire e pensare positivo è, sicuramente, un investimento redditizio”  ha sostenuto nel suo discorso, intitolato “La scienza dell’ottimismo”. Rojas Marcos, ha affermato che “lavorando nel campo delle malattie ho imparato subito due lezioni. La prima è che il pensiero positivo ha un potere guaritore immenso. La seconda, è che l’ottimismo è molto più diffuso di quanto immaginiamo”.

Nelle dichiarazioni rese al periodico spagnolo ABC, ha ricordato che “lo studio scientifico dell’ottimismo è una disciplina nuova, perché fino a poco tempo fa ci dedicavamo a curare le malattie. Ma questo non basta. Dobbiamo curare le qualità umane che ci aiutano a superare le avversità, ciò che conosciamo come sistema immunitario emozionale. Negli ultimi vent’anni abbiamo cominciato a studiare l’ottimismo e la capacità di adattamento”.

Secondo Rojas Marcos, “la persona ottimista ha speranza, si ricorda di tutte volte che ha superato le avversità. Quando affronta un momento difficile, non pensa che durerà per sempre ed è sicura di poter fare qualcosa per superalo o per ridurne gli effetti. La persona ottimista trova il potere dentro se stessa, invece di dire “sarà ciò che Dio vorrà”. Per lo psichiatra, sull’ottimismo influiscono i geni e i fattori ambientali, nonostante “esso presupponga anche un certo sforzo e non sia facile, poiché richiede tempo e fatica”.
Lo psichiatra Luis Rojas Marcos
Inoltre, Rojas Marcos – responsabile dal 2002 degli ospedali pubblici di New York – ha citato Freud per dire che “una ragionevole dose di amnesia selettiva ci aiuta a sopravvivere”. “La verità è che l’oblio cura molte ferite della vita” ha detto nel suo discorso, riferendosi alla perdita di persone care, alle avversità o fatalità. “Staccarsi da un passato doloroso facilita il recupero della pace interiore, aiuta a “voltare pagina” e ad aprirsi di nuovo al mondo” ha dichiarato, ricordando che, al contrario, “coloro che rimangono attaccati ad un periodo doloroso della propria autobiografia, vivono prigionieri della paura o del rancore, ossessionati dai cattivi che hanno rovinato loro la vita e ciò impedisce la guarigione delle ferite. Coloro che fanno pace col passato, invece, per quanto difficile possa essere, si liberano e guariscono” ha concluso.

Scritto da Laura Pavesi – 2 giugno 2011
Fonte Buone Notizie

Italia, prossima vittima della speculazione?

La Federal Reserve rivede al ribasso le stime di crescita per il 2011/12. La frenata della Cina, per ora, si è tradotta in ben poca cosa. Ma, prima o poi, le misure aggressive dell’autorità monetaria (sei aumenti consecutivi della riserva obbligatoria delle banche negli ultimi sei mesi) produrrà i suoi effetti.

La crescita europea ricalca lo schema dei polli di Trilussa: la locomotiva tedesca cresce a ritmi sensazionali, il sud Europa segna il passo. In generale, l’economia globale arranca più del previsto, cosa che sta scombinando i piani di rientro dall’eccesso di liquidità che la Federal Reserve, almeno fino ad aprile, pensava di mettere in cantiere con l’estate.

Al contrario, nonostante gli eccessi speculativi sui mercati alimentati dal denaro a basso costo e nessun controllo, Bernanke non può stringere i cordoni della Borsa. Anzi, ci avvete Bill Gross, il più importante gestore al mondo sui mercati obbligazionari, è probabile che ad agosto, in occasione del meeting dei governatori delle banche centrali a Jackson Hole, Bernanke annunci un nuovo piano di stimoli per l’economia.

Molto, avverte Jim O’Neill di Goldman Sachs, dipenderà dalla capacità di reazione di alcune società giapponesi, tanto ignote anche al pubblico degli addetti ai lavori quanto vitali per l’industria. La Renesas, ad esempio, ovvero un produttore di chip per l’auto che serve quasi tutti i produttori a quattro ruote del pianeta. I problemi che hanno seriamente rallentato la produzione dell’impianto di Naka hanno provocato la frenata dell’auto in Usa e in Europa. Ma, ci consola O’Neill, nel Paese del Sol Levante la ricostruzione degli impianti procede a ritmi spettacolari e presto se ne vedranno gli effetti. Quasi ovunque.

L’Italia, che dal Duemila in poi sembra che abbia registrato il peggior tasso di crescita del pianeta (con l’eccezione d Zimbabwe e Haiti) non perde l’occasione per ridurre la sua velocità di marcia. In questa cornice in grigioscuro del mondo nel quinto anno della Grande Crisi che ha preso il via nell’estate del 2007 non stupisce che l’Italia, al solito, faccia fatica a mantenere un’andatura di marcia appena accettabile. Dalla stima iniziale dell’1,1% di crescita per il 2011, siamo già scesi, secondo il Centro studi Confindustria allo 0,9%. Ma non si tratta di un rallentamento congiunturale, in sintonia con l’economia mondo: il Bel Paese si sta avvitando su se stesso, al punto che “in assenza di riforme strutturali” la crescita rischia addirittura di dimezzarsi a un modesto 0,6%.

Insomma, non basta la valvola di sfogo dell’export su cui fa conto l’industria italiana che trae profitto dalla corsa della locomotiva tedesca. Una gigantesca cappa di incertezza, drogata dalla paura di possibili se non probabili “sberle” fiscali per tener fede alle promesse europee (altro che sgravi...), incide sui consumi delle famiglie, mentre i ritardi nei pagamenti, soprattutto sul fronte pubblico, frena, se non paralizza, buona parte della piccola industria a partire dall’edilizia. Così facendo, però, per paradosso s’allontana l’aggancio con l’Europa.

Secondo i calcoli di Banca d’Italia, infatti, per rispettare senza particolari sacrifici l’appuntamento con il pareggio di bilancio nel 2014, sarebbe sufficiente che l’Italia crescesse al 2% annuo, cosa che richiede scelte in grado di “rafforzare la fiducia di famiglie e imprese e innalzare le rispettive propensioni a consumare e investire”. Ovvero, delle due l’una. O si investe in quelli che Confindustria chiama i “campi da dissodare” (semplificazione, realizzazione di opere pubbliche, liberalizzazioni e apertura del mercato in molti servizi, più formazione, efficienza della pubblica amministrazione, contrasto all’evasione, riforma fiscale) oppure in un futuro non tanto lontano sarà necessario uno shock formato ‘92.

Stavolta non prenderà, forse, la forma di un prelievo forzoso sui depositi bancari (“lo scippo”, come lo definì il suo autore Giuliano Amato), ma non si limiterà di sicuro a far pagare un piccolo prelievo forzoso ai proprietari di yacht, come lascia intendere lo stesso Amato. O si guadagna di più, insomma, o sarà necessario pagare di più. Anche perché con i tempi che corrono non è sensato sperare in un consenso politico sull’unica riforma che potrebbe far tornare il Paese a crescere: un taglio strutturale della spesa pubblica. E allora prepariamoci a indossare l’elmetto.

In settimana, un professore della Stern University, Edward Altman., ha spiegato sulla base di un elavorato meccanismo econometrico, che l’Italia è il prossimo “pilastro” dell’area euro che potrebbe cadere sotto i colpi della speculazione che, al solito, preferisce i quattrini facili che si fanno giocando contro i Btp piuttosto che il finanziamento dell’economia reale. Le ragioni? Oltre all’elevato debito pubblico e al basso tasso di crescita, Altman mette il dito sulla piaga della scarsa solidità patrimoniale delle imprese: una nuova caduta delle quotazioni azionarie metterebbe a serio rischio una parte consistente del made in Italy che sta in piedi solo grazie al paracadute delle banche (a loro volta garantite dai pegni azionari).

Non si tratta di fare inutile allarmismo. Ma la situazione è difficile. E non se ne viene fuori se non si riscopre un obiettivo comune su cui far convergere un’ampia maggioranza di interessi dei cittadini accantonando le questioni più futili che, tra inchieste più o meno “gossipare” o proposte bizzarre come il trasloco dei ministeri, occupano le prime 14-15 pagine dei quotidiani nostrani: la politica urlata, da troppo tempo, nasconde il vuoto politico.


DI UGO BERTONE

24 giugno 2011

La corsa al nucleare continua



Nonostante Fukushima la corsa al nucleare continua.

Nonostante l'incidente di Fukushima, nel mondo la produzione di energia nucleare è in aumento. La World Nuclear Association, citando fonti dell'Iaea, fa sapere che nel 2010 si è registrato un rialzo del 2,8% rispetto al 2009: 2,63 miliardi di kwh contro 2,558 miliardi. L'incremento è dovuto all'entrata in funzione di 5 nuovi reattori, per un totale di 3722 Mw: Rostov 2 in Russia, Rajasthan 6 in India, Ling Ao 3 e Qinshan II-3 in Cina e Shin Kori 1 in Corea del Sud.

Per il 2011 è previsto un lieve calo in conseguenza del terremoto-maremoto in Giappone, che ha comportato la chiusura definitiva di Fukushima Daiichi, e quella temporanea di altri 31 reattori su 55. Inoltre in Germania sono appena stati chiusi 8 tra i reattori più obsoleti.

Si tratterà solo di una parentesi: il rapporto The Future of Nuclear Energy dell'Economist evidenzia un trend al rialzo nel medio-lungo termine. La scelta della Germania di dismettere tutte le centrali entro il 2022 sarà infatti compensata da nuovi impianti pianificati in Francia e negli Stati Uniti, per non parlare degli oltre 60, tra progettati e in costruzione, promossi dalla Cina. E sarà proprio il Dragone asiatico a trainare il nucleare a livello globale.

Il rapporto afferma che i primi 10 Paesi per energia prodotta dall'atomo (Stati Uniti, Francia, Giappone, Russia, Germania, Corea del Sud, Ucraina, Canada, Regno Unito e Cina) passeranno dai 319.800 Mw del 2010 a 351.200 nel 2015 e a 405.200 nel 2020. A conti fatti, un +27% in 10 anni.

In più, sottolinea il rapporto, va anche considerato l'interesse verso il nucleare da parte di vari Paesi in via di sviluppo, tra cui l'Indonesia. La conclusione è che il futuro dell'energia nucleare “sembra effettivamente un rinascimento”. L'onta popolare che ha indotto Germania e Svizzera (e in prospettiva, l'Italia) non è bastata ad arrestare la proliferazione di centrali. Non a caso il sottotitolo del documento è "Un passo indietro, due in avanti".

Al gennaio 2011, nel mondo erano attivi 442 reattori nucleari, per una potenza totale di 374.914 Mw. Altri 65 reattori sono attualmente in costruzione, per ulteriori 62.862 Mw. Dal computo vanno adesso sottratti il reattore di Fukushima Daiichi e gli altri la cui attività è temporaneamente sospesa in seguito ai noti eventi dell'11 marzo.

I Paesi dotati di centrali nucleari sono 31. In cima alla classifica ci sono gli Stati Uniti, sia come numero di reattori sia come potenza complessiva: 104 reattori per 100.683 Mw. Seguono la Francia (59 reattori, 63.130 Mw) e il Giappone (54 reattori, 46.823 Mw). In fondo, con un solo reattore in attività, Slovenia, Olanda e Armenia.

Quasi tutti gli impianti in funzione sono di seconda generazione: fanno eccezione solo 4 reattori di prima, nelle centrali britanniche di Oldbury e Wylfa, e 4 di terza nelle centrali giapponesi di Kashiwazaki-Kariwa, Hamaoka e Shika. Il modello più diffuso è il PWR (ad acqua pressurizzata) con 269 reattori, pari al 61% del totale e al 66% della potenza complessiva. Seguono il BWR (ad acqua bollente) con 92 reattori e il Candu (modello canadese ad acqua pesante pressurizzata con 47 reattori.

Fra i reattori in costruzione c'è in testa la Cina, con 26 reattori per 27.230 Mw totali. Seguono Russia con 11 (9153 Mw), Corea del Sud e India con 5 (rispettivamente per 5560 e 3564 Mw).

In Europa i reattori attivi sono 195, per una potenza complessiva di 169.972 Mw. Vanno aggiunti altri 19 reattori in costruzione in 6 Paesi, per una potenza di ulteriori 16.941 Mw.

I Paesi europei dotati di centrali nucleari sono 17, di cui 14 appartenenti all'Unione Europea (gli altri tre sono Russia, Ucraina e Svizzera). Il Paese con il maggior numero di reattori è la Francia, con 59, per una potenza di 63.130 Mw. Segue la Russia con 32 reattori per 22.693 Mw (ad onor del vero 5 reattori, sebbene conteggiati in Europa, si trovano nel territorio asiatico del Paese). Terzo posto per la Germania (17 reattori, 20.490 Mw), al quarto il Regno Unito (19 reattori, 10.137 Mw) e al quinto l'Ucraina (15 reattori, 13.107 Mw).

Per quanto riguarda la percentuale di elettricità prodotta attraverso il nucleare, in cima alla classifica c'è la Francia con il 75,2%. Seguono la Slovacchia con il 53,5%, il Belgio con il 51,7% e l'Ucraina con il 48,6%. Il sito World Nuclear News segnala che nel 2010 sono stati avviati i lavori per 13 nuovi reattori, per un totale di 15.218 Mw. I nuovi cantieri erano stati 10 nel 2007 e nel 2008, e 11 nel 2009. Secondo l'Iaea, di questo passo dal 2012 entreranno in funzione 10 nuovi reattori all'anno (ai livelli del 1990), e dal 2015 più di un reattore al mese.

Dei 13 nuovi cantieri, ben 8 sono in Cina: Fuqing 3, Ningde 3, Taishan 2, Changjiang 1, Haiyang 2, Fangchenggang 1, Yangjiang 3 e Changjiang 2. Si segnala altresì l'avvio della costruzione di due reattori indiani (Kakrapar 3 e 4), che rafforzano il primato asiatico nella corsa al nucleare. Lavori in corso anche Russia per due reattori (Leningrad II 2 e Rostov 4) e in Brasile (Angra 3). Il Giappone, infine, ha annunciato di aver ripreso la costruzione della centrale di Ohma (1383 Mw), iniziata nel 2008 ma sospesa poco tempo dopo.

Fonte AgoraVox

Incidente (alle piscine del combustibile esaurito).
Località: Nebraska USA.
Nome: Fort Calhoun
Tipo centrale: Acqua pressurizzata.
Anno attivazione: 1973
Situazione prima di incidente: stato massima allerta causa esondazione Missouri. Reattore disattivato per sostituzione barre di uranio. Reattore carico ma spento.
Causa incidente: Incendio elettrico (domato) a seguito inondazione fluviale, danneggiata piscina combustibile esaurito.
Gravità incidente: Attualmente livello 4. Limitato all'impianto, grave al suo interno.
Altro: Interdetto lo spazio aereo sopra centrale. Sacchi di sabbia intorno a centrale non evitano inondazione. Ripristinato in due ore sistema raffreddamento. Rischio limitato a fuga acqua contaminata. Ripristinato sistema.
Quarto incidente nucleare in 4 mesi dopo Giappone, Egitto e Canada.
Situazione: 6 Giugno inondata dal fiume Missouri; 8 Giugno: viene comunicato incendio, fuori uso raffreddamento combustibile esaurito; 15 Giugno: Impianto ripristinato e situazione sotto controllo; 15 Giugno: Interdetto volo sopra centrale; 15 Giugno: Inizia inchiesta su accaduto.

Fonte youtube





Leggi anche: Nucleare, incidenti in serie presso centrale francese

2055, è questo è il numero di esplosioni nucleari nella storia, che ci sono state nel mondo. Nel 1996 vi fu un trattato di moratoria dei test nucleari non firmato da tutti i paesi. Dopo il trattato nel 1998 India e Pakistan effettuarono 4 test nucleari, da allora solo due altre esplosioni sotterranee ad opera della Corea del Nord (una nel 2006 ed un altra nel 2009).




Aggiornamento 12 Settembre 2011

Un morto e quattro feriti. E' questo il bilancio provvisorio dell'esplosione di un forno per il trattamento di scorie radioattive avvenuta questa mattina nella regione del Gard nel sud della Francia. L'incidente si è verificato all'interno del sito nucleare di Marcoule che si trova a 257 km in linea d'aria da Torino.
Riferendosi a una possibile fuoriuscita di materiale radioattivo un portavoce del Commissariato dell'Energia Atomica ha dichiarato che "al momento non c'è stata fuga verso l'esterno". I vigili del fuoco giunti sul posto hanno comunque eretto un perimetro di sicurezza intorno alla centrale. Complice la vicinanza al confine italiano, la nostra Protezione Civile si è subito attivata mettendosi in contatto con l'Ispra, l'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, per verificare eventuali rischi per il nostro Paese. La centrale nucleare di Marcoule è la più vecchia presente in Francia. Tratto dal Tg3 del 12/09/2011 


Aggiornamento 12 Settembre 2011 ore 18


Nucleare: Francia, incidente finito. Esperti, incidente di tipo convenzionale.

(ANSA) - PARIGI, 12 SET - L'incidente nell'impianto nucleare di Marcoule, nel sud della Francia, e' terminato. Lo ha annunciato l'ASN, l'Autorita' per la sicurezza nucleare francese. Esperti dell'Enea e dell'Associazione Italiana Nucleare sostengono che quello avvenuto oggi non puo' essere considerato un incidente nucleare, ma ''un incidente di tipo convenzionale''.

23 giugno 2011

Disabili, c'è soddisfazione dopo la manifestazione di oggi.

(foto fishonlus)
Welfare, anche le persone disabili "alzano la voce": "Problemi comuni, ma oggi c'è soddisfazione". La manifestazione contro i tagli al sociale davanti a Montecitorio si rivela un successo per il mondo del terzo settore: alcune migliaia di persone per una presenza oltre ogni aspettativa. Straordinaria la mobilitazione di migliaia di persone con disabilità fisica e sensoriale: per Fish e Fand un altro successo di piazza. Forte protagonismo delle associazioni: l'entusiasmo di Uic, Anmic, Ens, Fiadda, Angsa, Coordown. ROMA - Volontari, operatori, persone in difficoltà. Fra le migliaia di persone accorse a piazza Montecitorio per protestare contro i tagli al sociale, la parte del leone la fanno le persone con disabilità. Sono tanti, sono organizzati e si notano anche di più, con i loro cartelli e le bandiere che tappezzano l'area di piazza Montecitorio riservata alla protesta. Le due federazioni delle persone con disabilità, Fish e Fand, non possono che essere soddisfatte per la riuscita della protesta, che ricorda molto quella di poco meno di un anno fa, quando i disabili scesero in piazza contro la paventate modifiche alla normativa sull'invalidità. Ci sono le bandiere bianche e rosse della Fish, ci sono le magliette dei volontari e degli associati dell'Unione italiana ciechi, ci sono gli striscioni delle due anime del mondo dei sordi, gli oralisti che si posizionano vicino al gazebo dal quale parlano i convenuti, e i segnanti, che seguono gli interventi guardando la traduzione in Lingua dei segni di due interpreti che lavorano per ore sotto il sole. La protesta è unitaria e trasversale, raccoglie tutti i tipi di disabilità e le mette assieme per chiedere rispetto e dignità.
Una "partecipazione importante" e un "messaggio chiaro e forte" quello lanciato dalla piazza per Pietro Barbieri, presidente della Fish, Federazione italiana superamento handicap, che sottolinea il movimento convergente che porta persone con disabilità, mondo del volontariato e operatori sociali in piazza insieme. "La mia soddisfazione è immensa - confida Giovanni Pagano, presidente Anmic, l'associazione nazionale mutilati invalidi civili - perché è stato premiato il sacrificio organizzativo di persone che hanno grandi difficoltà fisiche e che hanno ugualmente risposto agli appelli arrivando da luoghi anche lontani come Sicilia, Sardegna, Campania, Puglia, Lombardia: è una presenza che conferma la storia di un'associazione nata per rivendicare i diritti e che continua a farlo anche oggi, con un governo che si dimostra sempre più assente e insensibile alle nostre richieste". Per Pagano, che in piazza rappresentava anche la Fand, di cui è presidente, i problemi sulla scuola, il lavoro ("così importante come mezzo per affrancare le persone e permettere loro una vita piena"), l'assistenza alle persone e l'aiuto alle famiglie sono le problematiche più evidenti e in via di peggioramento.
Proprio sulla scuola e sui problemi al sostegno si sofferma Sergio Silvestre, presidente del Coordown, che mette in evidenza come i diritti degli alunni all'inclusione scolastica stiano diventando sempre più una faccenda da tribunale, diritti da esigere attraverso la via giudiziaria: "Abbiamo moltiplicato le segnalazioni e le famiglie nelle aule di giustizia vincono sempre: il Ministero dell'Istruzione quest'anno non ha vinto una sola sentenza sul sostegno. Ma non si può continuare così". Preoccupazione forte esprime anche Carlo Hanau (Angsa, associazione nazionale genitori soggetti autistici onlus), concentrandosi su una particolare situazione territoriale, quella di Bologna: "I tagli del governo nazionale si fanno ormai sentire anche in Emilia Romagna e le prime avvisaglie negative sono arrivate proprio a Bologna città, laddove il comune ha ridotto sensibilmente i contributi per gli assegni di cura che eroga: lo scorso anno erano stati 2600, nei primi quattro mesi del 2011 sono stati appena 300, un taglio drammatico". (ska)
(23 giugno 2011) Fonte SuperAbile

Indignati in piazza contro i tagli al sociale. Come annunciato, la preoccupazione per la sorte dei diritti civili si è riversata in piazza, questa mattina davanti a Montecitorio (e ripresa in 22 città italiane). In scena la manifestazione da tempo annunciata e promossa dal Forum del Terzo Settore e dalle Associazioni aderenti alla campagna “I diritti alzano la voce”. E la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, che ha creduto e sostenuto sin dall’inizio la mobilitazione, era in prima fila, assieme a tante persone con disabilità che hanno contribuito a far raggiungere quota 2.000 partecipanti. Anche CGIL, CISL, UIL e UGL hanno affiancato l’iniziativa di protesta.
Negli slogan un appello al Governo e alle forze politiche: la crisi non giustifica la compressione dei diritti civili. Questi sono a rischio – nella scuola, nel lavoro, nell’assistenza – dopo il taglio dei fondi per il sociale già operati lo scorso anno e in previsione di nuove ulteriori severe retrazioni della spesa per il welfare. I tagli hanno già raggiunto il 75% (100% nel caso del Fondo per le non autosufficienze).
Donne, anziani, disabili, disoccupati, migranti, giovani: i loro diritti e le loro possibilità di essere inclusi nella società sono posti in secondo piano anziché essere prioritari.
“Oggi è davvero a rischio la coesione sociale, mentre è sempre più evidente l’esclusione, il disagio, il sovraccarico su quella stessa famiglia la cui centralità, solo a parole, si è richiamata. – commenta amaramente Pietro Barbieri, presidente della FISH – Se non si interviene immediatamente su quella che è una vera emergenza nazionale, la disgregazione e il conflitto diverranno insanabili e ci vorranno decenni perché i danni possano essere riparati.”
Molti gli esponenti dell’Opposizione a testimoniare la loro vicinanza alle istanze dei manifestanti. Praticamente assenti quelli della Maggioranza. Dal Governo ancora nessuna reale e circostanziata rassicurazione.
“Quello di oggi – avverte Barbieri – è solo l’inizio di una lotta a cui non possiamo sottrarci e che sapremo sostenere, senza cedimenti, da veri protagonisti delle scelte che ci riguardano!”.
23 giugno 2011 Fonte Fish

Alcuni video della manifestazione:





Diversi politici presenti alla manifestazione romana contro i tagli. Franceschini: "La vostra e' una battaglia giusta". "Voi siete persone - dice il capogruppo Dario Franceschini - non abituate a scendere in piazza ed e' paradossale e grave che dobbiate farlo per difendere dei principi costituzionali: la vostro partecipazione e' assolutamente eccezionale e la vostra e' una battaglia giusta". "Quando si arriva in piazza stanchi e arrabbiati - continua Franceschini - e' anche legittimo diffidare delle parole dei politici, anche di quelle dei politici dell'opposizione: vi dico pero' che non abbiamo contrastato questi tagli e continueremo a farlo". "Prendo l'impegno - conclude Franceschini - a portare in aula a luglio la mozione che abbiamo presentato sul tema, perche' deve esserci su questo tema un'assunzione di responsabilita' da parte di ogni singolo parlamentare: e' soprattutto nei momenti di crisi che deve valere il principio basilare per cui chi ha di piu' deve dare di piu' anche dal punto di vista del prelievo fiscale, in proporzione al proprio reddito" (Fonte youtube). "Il governo Berlusconi negli ultimi tre anni ha sferrato un duro colpo alle politiche sociali che non ha precedenti. I fondi per la non autosufficienza e per i servizi sociali dei disabili sono stati tagliati dal ministro Tremonti come se fossero spese improduttive. E la risposta che il sottosegretario Musumeci ha dato oggi ad una nostra interrogazione conferma la politica scellerata della destra sulle politiche sociali". Lo dice Margherita Miotto, capogruppo Pd in commissione Affari sociali della Camera che ha partecipato con altri colleghi del Pd alla manifestazione delle associazioni del Terzo settore contro i tagli del governo alle politiche sociali che si è tenta oggi in Piazza Montecitorio. "I disabili -- prosegue Miotto - sono colpiti non dalla crisi ma dal governo che ha messo in ginocchio tutto il settore del welfare locale e non vara i livelli essenziali di assistenza, imposti dal federalismo fiscale, con cui vengono stabiliti quali prestazioni siano da considerarsi diritti universali. E il sottosegretario Musumeci, oggi in commissione, non ha preso nessun impegno sul ripristino dei 400milioni di euro del fondo per la non autosufficienza rifugiandosi nelle difficoltà della finanza pubblica. Il governo però ha buttato dalla finestra 350milioni nel tentativo di difendere una legge 'ad personam' dal recente referendum. È scandaloso che i più deboli vengano dopo gli interessi personali del premier. Questo è ciò che ha fatto la destra sulle politiche sociali: slogan e niente fatti" (fonte youtube)
 
ps. Questo post ha avuto delle modifiche dopo la sua pubblicazione. 

I Disabili scendono in piazza, non sono più disposti a restare in silenzio.



Oggi è il grande giorno. Per la prima volta tantissime associazioni e movimenti a favore dei disabili scendono in piazza davanti al Parlamento uniti per rivendicare i propri diritti, i loro e delle loro famiglie. Un messaggio chiaro a tutta la politica, in particolare a quella del Governo, che con i tagli del passato e con quelli in previsione nella prossima Finanziaria, sta giocando scelleratamente con la vita di milioni di persone.


Vi ricordo che la manifestazione di oggi è indetta dal Forum del Terzo Settore e dalle tante organizzazioni che hanno aderito alla campagna "I diritti alzano la voce". Per dire basta alla liquidazione del welfare italiano e alla distruzione della sussidiarietà che con fatica si era riusciti a costruire nel corso di questi anni, in mezzo a tantissimi altri problemi ancora irrisolti. A partire dal 2012 la cancellazione progressiva del Fondo per le Politiche Sociali e del Fondo per la Non Autosufficienza - quest'ultimo abrogato nel 2011 e senza previsione di ripristino - priverà di ogni assistenza il 20% delle persone con disabilità al Nord, il 30% al Centro e il 50% al Sud. E inoltre dal 2012 il Fondo per il Diritto al Lavoro delle Persone con Disabilità (Legge 68/99) verrà tagliato del 75% e la riduzione delle risorse sulla scuola sarà causa di rinnovati gravi disagi per gli studenti con disabilità.


Alla manifestazione tra gli altri parteciperà anche l'ANFFAS (Associazione Nazionale di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale). Al riguardo, il Presidente Roberto Speziale, sul sito superando.it, ha voluto dichiarare:
«Ci sarà anche l'ANFFAS , giovedì 23 giugno in Piazza Montecitorio a Roma, a rivendicare quei diritti che ormai da troppo tempo sono calpestati attraverso costanti tagli alle risorse destinate alle persone con disabilità e ai loro genitori e familiari, una situazione che sta letteralmente portando all'esasperazione le nostre famiglie e quanti operano, collaborano e lavorano insieme a loro e che per tale motivo, come Associazione Nazionale, non siamo più disposti a tollerare».
«La situazione non è più tollerabile e non siamo più disposti a rimanere in silenzio di fronte a questo stato di cose. La manifestazione di giovedì sarà solo la prima di tante in cui saremo protagonisti attivi, non solo come sede nazionale, ma anche a livello regionale e locale».
«Questa nella Capitale, infatti, non è l'unica mobilitazione che si sta svolgendo: sempre in questi giorni e settimane moltissime altre persone, comprese le persone con disabilità intellettiva e/o relazionale di cui la nostra Associazione si prende cura e carico, si stanno muovendo con le strutture ANFFAS regionali, in coordinamento con le realtà locali della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap), attraverso presìdi davanti a sedi istituzionali come Prefetture o Regioni».

22 giugno 2011

Raccontami quella volta che in Angola…

(Le meravigliose cascate di Calandula, in Angola)


Due turisti un po’ per caso… un po’ per desiderio.

Finalmente è stata inaugurata la nuova linea ferroviaria che collega Luanda a Malange. Era andata distrutta quasi vent’anni fa, ma adesso il treno può ripercorrere questo tragitto, dalla costa fin quasi al cuore dell’Angola, per trasportare di tutto, uomini e cose. Il governo cinese che coopera per la ricostruzione del paese con il governo Angolano, nel classico rapporto do ut des, ha costruito, solo in quella linea, 423 km di ferrovie con rispettive stazioni.
Entusiasmati per questa novità e con una forte necessità di lasciare il caos della capitale Luanda, io e Desiderio (il mio fidanzato) abbiamo deciso di passare il fine settimana di Pasqua a Malange e vedere le famose cascate di Calandula.
Malange è una delle 18 Province dell’Angola e, come le altre, ha tante bellezze naturali da visitare. Ha in più le cascate di Calandula, che in Africa sono seconde solo alle cascate Vittoria, e soprattutto c’è l’antilope nera gigante (palanca negra gigante in portoghese), esclusiva fauna Angolana, anche se a forte “rischio estinzione”.
L’Angola è un paese bellissimo, con un paesaggio ricco e vario; ci sono le montagne, gli altopiani, i fiumi, i laghi, le cascate, il deserto, le foreste, la savana, insomma una scelta di meraviglie naturali che indubbiamente incantano. Nonostante queste bellezze, sono molti i fattori che la escludono dalle mete turistiche delle agenzie internazionali. Il primo fattore è stato senz’altro legato alla guerra civile che per tanti anni ha dominato la scena politica, economica e sociale del Paese e che in seguito ha lasciato alla popolazione un pericolo ancora più perfido e traditore: le mine antiuomo. Si può ben immaginare che cosa questo abbia comportato per il settore agricolo e soprattutto per gli agricoltori che, dopo anni di guerra, ancora non avrebbe potuto coltivare i loro campi perché disseminati di mine… Un altro fattore scoraggiante è l’altissimo costo della vita Angolana.
Dai risultati di una ricerca condotta dalla rivista “THE GUARDIAN”, per gli stranieri, Luanda è la città più cara del mondo ed in effetti i trasporti, gli alloggi e i ristoranti non hanno di certo prezzi allettanti. Questo comporta che muoversi senza avere un proprio mezzo sia quasi impossibile. Inoltre i trasporti pubblici via terra sono inefficienti e non raggiungono ogni località. Gli aerei sono molto cari e comunque quando si esce dall’aeroporto è necessario nella maggior parte dei casi prendere un mezzo di trasporto privato per muoversi e arrivare in hotel. Se si conosce a fondo l’Angola, tutto questo non è così difficile da superare, anche se crea qualche problema. Lo spirito di avventura e un portafogli pieno eliminano ogni difficoltà: pagando si risolve tutto… Ma il turista ha spesso l’obiettivo di rilassarsi e di godersi la vacanza in tranquillità senza spendere un patrimonio. La vicinanza, poi, con la Namibia e con i suoi prezzi economici e competitivi, di certo non incentiva la scelta dell’Angola come meta turistica.
Consapevoli di tutte le difficoltà che avremmo dovuto affrontare, abbiamo comunque iniziato a pianificare il nostro viaggio già dal lunedì prima di Pasqua, saremmo partiti venerdì e rientrati domenica. La parte che più mi entusiasmava era proprio il viaggio in treno: saremmo partiti alle 7.00 e saremmo arrivati a Malange alle 17.00. Considerando che sono poco più di 400 km, significava che il treno sarebbe andato molto lentamente e che quindi avremmo potuto vedere e godere il paesaggio, scattare foto ai villaggi e ai panorami circostanti. Non erano un problema le lunghe ore di viaggio, dopo qualche viaggio ci si abitua. L’unica precauzione era magari comprare i biglietto per la 1° classe (57 € a testa sola andata), non solo perché ha l’aria condizionata, il ristorante e altre comodità, ma anche perché, essendo il primo viaggio in treno in Angola e sapendo che quella linea era principalmente usata dai commercianti, era meglio non tuffarsi nella confusione di uomini e donne che usavano il treno per trasportare i prodotti comprati a Luanda per essere rivenduti nelle altre Province, perché magari invece di sederci al nostro posto, ci saremmo potuti ritrovare su un sacco di vestiti. Purtroppo i nostri piani hanno subito una brusca modifica a causa di una forza inaspettata e imprevedibile: la pioggia. Durante le ultime due settimane infatti è piovuto quasi tutti i giorni e per tutto il giorno, fatto inusuale per Luanda nonostante la stagione delle piogge. La quantità di pioggia caduta nella notte è stata tanto intensa che, in una zona periferica di Luanda, situata ad un livello più basso rispetto alla strada, l’acqua ha creato un lago che ha completamente sommerso la linea della ferrovia, impedendo il passaggio del treno fino a una data indefinita.
Ma noi non vogliamo rinunciare alla nostra mini-vacanza e decidiamo di andare in pullman: per sicurezza compriamo i biglietti già la sera del giovedì. La partenza è alle 6.00 del mattino, ma noi arriviamo alle 5.30 per non correre il rischio di non trovare posto. Infatti, nonostante i posti siano numerati e il numero sia scritto nel biglietto, nessuno li rispetta. Quindi noi, saliti sul pullman, dopo aver constatato che i nostri posti sono stati naturalmente occupati da altre persone, cerchiamo dei posti tranquilli, sistemiamo il nostro piccolo bagaglio e ci prepariamo al viaggio. Intanto il pullman inizia ad animarsi. I nostri compagni di viaggio sono molto vari, le mamme che viaggiano da sole con i bambini, le giovani famiglie, un gruppo di ragazzi e alcuni anziani. Tutti però hanno lo stesso obiettivo, incontrare i parenti che hanno lasciato a Malange.
In Angola la guerra è stata combattuta principalmente nelle Province, che nonostante la lenta ricostruzione, mostrano ancora i segni delle battaglie. Durante quegli anni di guerra, chi ha potuto, è scappato. Chi non ha avuto la possibilità di rifugiarsi fuori dall’Angola, si è rifugiato a Luanda. In molti sono fuggiti da un momento all’altro, inaspettatamente e si sono separati – senza saper per quanto tempo – da mariti, mogli, figli, parenti e da tutta una vita, spesso senza riuscire a portar con sé qualcosa che non fossero solo i ricordi del tempo passato. La maggior parte ha affrontato un lungo viaggio e con l’unico mezzo possibile e sicuro in quel momento: a piedi. In un contesto in cui un popolo è in lotta contro se stesso, è difficile sapere di chi fidarsi. La paura di essere uccisi, rapiti, violentati e torturati é terrificante, si vive di minuto in minuto, di ora in ora, pregando di arrivare al giorno dopo sani e salvi, sperando di essere sempre più vicini a Luanda o al confine, al sicuro. Dopo essere finalmente arrivati in città, i più fortunati sono riusciti a contattare i parenti e ad andare a vivere con loro, altri si sono sistemati nelle case di latta nei quartieri periferici, di solito nell’area in cui vivevano persone provenienti dalla stessa provincia o dello stesso gruppo etnico-linguistico, altri ancora si sono fermati nelle campagna intorno a Luanda creando nuovi villaggi con case fatte di argilla o di canne e paglia. Tutte con la speranza di rifarsi una vita.
Con la fine della guerra, la maggior parte delle persone che vivevano a Luanda ha continuato la vita che aveva costruito e non è più rientrata nella Provincia d’origine. Alcune famiglie si sono ricostituite, altre si sono ingrandite. Approssimativamente, oggi quasi un terzo degli Angolani vive a Luanda, lasciando le Province quasi spopolate. Molti dei nostri compagni di viaggio sono le stesse persone che anni prima erano fuggite dalla Provincia, qualcuno era solo un bambino e magari non si ricorda di quel terribile viaggio legato con un panno alla schiena della madre, ma altri non potranno mai dimenticare. Queste persone approfittano di questi tre giorni per poter salutare ancora i propri parenti, rivedere il posto dove sono nati, conoscere o rincontrare la propria famiglia.

Odori e colori in Angola


La strada che percorriamo è parallela alla linea ferroviaria e appena fuori città, ad un certo punto la linea ferroviaria scompare immergendosi in un grandissimo lago che ha praticamente sommerso un quartiere del quale affiorano solo i tetti delle case. I commenti di sorpresa sono molti, soprattutto perché la maggior parte dei viaggiatori non ha sentito questa notizia.  Per alcuni non sapere é normale, visto che il governo vuole che la popolazione pensi che vada tutto bene, che il paese stia crescendo, che sia in pieno sviluppo e che tutti siano contenti.
A causa proprio dell’intensità delle piogge, quest’anno in particolare ci sono stati molti problemi in varie zone del paese: straripamenti di fiumi, crollo i ponti nuovissimi, valanghe di terra che hanno sommerso le case, famiglie sfollate, ed altro ancora. Divulgare nuovamente una notizia di questo tipo – peraltro nella città simbolo dello sviluppo – avrebbe potuto significare la critica dall’opinione pubblica internazionale galvanizzando il dissenso delle piccole forze dissidenti. Il vento di riforme e lotta contro le dittature che sta soffiando dal nord dell’Africa, convince ancora più fermamente il governo a evitare ogni tipo di disordini e problemi interni.
Procediamo con lentezza perché l’acqua ha invaso una carreggiata congestionando il traffico. Alle 7.00 stiamo finalmente uscendo dalla Provincia di Luanda ed entrando nel Bengo. Tutto il paesaggio fuori da Luanda è bellissimo, soprattutto in questa stagione. È tutto verde, gli alberi sono in fiore, l’erba ha una tonalità di colore vivacissimo, i fiumi sono ricchi di acqua e la pioggia, bagnando la splendida terra rossa africana, impedisce alla sabbia o alla polvere di sporcare il paesaggio. Durante il tragitto il pullman fa molte soste, per consentire ai viaggiatori di fare delle compere, in genere frutta o verdura da portare come regalo ai parenti o alimenti da mangiare in viaggio, come pesce fritto, manioca fritta e arrosto, patate dolci lesse, banana-pane arrosto o bollita e altro ancora. Noi abbiamo portato dei panini, ma abbiamo finito col comprare anche noi qualcosa. Quindi per sgranocchiare un po’ compriamo arachidi tostate, manioca fritta e banana-pane arrosto, accompagnati da due succhi di frutta. L’autista comunica che arriveremo a Malange per le 14.00 (molto prima di quanto pensassimo!). La notizia è ottima, perché arrivare a Malange nel primo pomeriggio ci consentirà di cercare un hotel prima che faccia buio. Inoltre, dobbiamo organizzarci le prossime giornate e verificare se ci converrà affittare una macchina per andare fino a Calandula per vedere le cascate delle meraviglie.
Malange e Calandula si trovano in due comuni diversi che distano 90 km l’uno dall’altro, ma in Angola e in molte parti dell’Africa, i chilometri non hanno significato e per capire la distanza è meglio considerare le ore di viaggio. La durata del viaggio dipende da 3 cose: le condizioni della strada, le condizioni del mezzo su cui si viaggia e il tempo (se piove o c’è il sole). In relazione a queste condizioni, i 90 km possono essere percorsi in un tempo che varia tra un’ora e mezza e tre ore e mezza!
Le persone durante il viaggio commentano la situazione delle strade angolane. La maggior parte delle strade, soprattutto nelle Province, sono molto dissestate oppure completamente da rifare, perciò spesso si viaggia sulle strade di terra rossa. Le principali arterie vennero costruite dai Portoghesi – le cui strade avranno ormai perlomeno quarant’anni – ed hanno ancora un manto asfaltico invidiabile. Nonostante qualche carenza dovuta alla mancanza di manutenzione, consentono ancora di viaggiare in ottime condizioni. Al contrario, le nuove strade vengono continuamente danneggiate dalle piogge ed hanno bisogno di una manutenzione continua che preveda interventi a cadenza almeno annuale per evitare di essere causa di gravi incidenti e di danni alle vetture. È curioso come delle persone semplici riescano a notare queste differenze e a fare dei paragoni così lineari e espliciti con tanta ironia! Nonostante il lungo tempo di viaggio, le tante chiacchiere dei nostri compagni di viaggio ci distraggono; il caldo umido non è soffocante come a Luanda e l’aria fresca che entra nell’abitacolo durante la corsa è molto piacevole. Durante le brevi fermate, facciamo qualche foto al paesaggio e ai bambini, a cui piace tantissimo essere fotografati. L’Angola è veramente un paese dalle mille sorprese e dalla mille sfaccettature. Quando si resta molto tempo a Luanda si viene assorbiti dal suo ritmo e si dimentica cosa c’è fuori.
Luanda è di fatto quasi una città a sé, che non ha nulla a che vedere con la realtà delle altre Province. È molto particolare, piena di contraddizioni, caotica e stressante di giorno, calma e incantevole la notte, ipnotica nell’estate rovente e umida, rilassante nel fresco inverno angolano (caçimbo come si chiama qui). Nonostante questo, sicuramente i meccanismi che si intrecciano nella città (traffico, strade in riparazione o disastrate, numero infinito di macchine, guida spericolata dei tassisti, solo per fare alcuni esempi) influenzano significativamente la vita delle persone e quasi senza rendersene conto, si fa quello che questa serie di eventi integrati dettano.
Una volta però che si esce dalla città, tutto cambia, si entra nel ritmo dell’Africa, lento, calmo, metaforico, spirituale. La giornata è lineare, soprattutto nel villaggio. Tutti durante il giorno hanno dei compiti specifici e definiti, ma normalmente la giornata inizia allo stesso modo: al fiume. Si va per lavarsi, dividendosi naturalmente in maschi (su una sponda del fiume) e femmine (sull’altra sponda e più lontane). Le donne arrivano al fiume con la cesta di panni sporchi da lavare o con dei bidoni di plastica vuoti, che poi trasporteranno – in testa e pieni d’acqua – fino a casa, prima di andare a lavorare nei campi. Spesso le donne si muovono in simbiosi con un bambino stretto con un panno sulla schiena, che spostano solo per allattare, cambiarlo e dormire. In tutti gli altri casi, soprattutto quando si muovono, il piccolo sta con la mamma. Nei villaggi, già alle 18.00 tutti hanno mangiato e si sistemano intorno al fuoco del jango comunitario per ascoltare le storie che gli anziani raccontano, che ipnotizzano i bambini. Nel villaggio è tutto più semplice: se si presenta un problema dentro la comunità, il consiglio degli anziani si riunisce e cerca di risolverlo nella maniera più giusta possibile, secondo le esperienze già vissute, i casi simili e il rispetto di regole centenarie tramandate di padre in figlio.
Si respira un’aria differente fuori da Luanda e l’Angola ti sembra il posto più bello del mondo.

Wazekele kyebhi Calandula? (Come hai passato la notte Calandula?)


Finalmente stiamo entrando a Malange. All’esterno della stazione dei pullman ci sono le moto-taxi, che nelle Province sono il mezzo di trasporto più frequente: per 0,80 centesimi di euro possono portarti dove vuoi. Ne prendiamo due e dopo un’ora di ricerca troviamo una stanza in una piccola pensione in stile coloniale. Senza perdere tempo, paghiamo per due notti, appoggiamo le borse e scendiamo in strada. I ragazzi ci informano che la strada per Calandula è ottima e in un’ora e mezza al massimo potremmo arrivare alle cascate. Ci indicano un amico che fa il servizio-taxi il quale – dopo una breve contrattazione – ci assicura per 80 dollari la sua disponibile per tutto il giorno successivo. La partenza è fissata per le 8.00. Noi intanto abbiamo ancora un po’ di tempo per visitare la città di Malange. Come la maggior parte delle città in Angola si nota negli edifici l’influenza architettonica del colonialismo portoghese. Nella città le case rispettano un piano urbanistico quindi sono in linea le une con le altre e lasciano spazio per strade larghe e dritte. Al contrario nella periferia, dove l’urbanizzazione non è stata regolata, si nota come chiunque tenti di occupare tutto lo spazio disponibile, anche a costo di avere una finestra che da sulla facciata del vicino o a ridosso della strada.Malange non è grande, possiamo passeggiare tranquillamente. E’ molto carina. I segni della guerra non sono palesemente visibili, ma stando attenti si può notare che qualche palazzina ha ancora sulle pareti i buchi dalle granate e delle pallottole. La stazione ha subito molti danni ed è stato più semplice costruirne una di sana pianta piuttosto che ristrutturare quella antica. La carcassa di un treno arrugginito sta ancora in piedi sui binari ormai morti, quasi aspettando ancora il fischio per partire.  Scattiamo qualche foto, giriamo un piccolo video e intanto arriviamo fino alla Cattedrale. In Angola le chiese sono state costruite quasi tutte negli anni della colonizzazione portoghese: quello che fa sorridere e che da un senso di familiarità ad ogni Provincia è che la struttura delle chiese sia quasi identica in ogni città.
Facciamo ancora qualche foto nel giardino della casa del vescovo e decidiamo di andare a sederci nella piazzetta principale. C’è un po’ di caldo e ci sediamo all’ombra di una bouganville che arrampicandosi ha formano un gazebo naturale. Poco lontano, notiamo delle lastre su cui si intravedono delle scritte. Avvicinandoci, ci accorgiamo che le parole sono state composte con i proiettili, i quali poi sono stati cementati sulla base di pietra. Queste scritte sono un omaggio dello Stato Angolano a Fidel Castro e alle truppe cubane che hanno lottato per difendere l’Angola dall’esercito mercenario e razzista del Sud Africa. Come cornice di questa scritta ci sono delle armi, anch’esse cementate nella pietra. É la prima volta che tocco un’arma e mi fa una certa impressione immaginare cosa questa abbia fatto e quali vite può aver troncato o cambiato. Ancora qualche foto, poi rientriamo alla pensione a prepararci per la cena.
Andiamo a cena in un piccolo ristorante vicino alla pensione, gestito da portoghesi, self-service a peso. Naturalmente il conto è caro per quello che si mangia (20 € a testa), ma siamo abituati. Qualche chiacchiera ancora nel ristorante e poi decidiamo di andare a dormire.
Il ragazzo che ci accompagnerà a Calandula arriva puntualissimo. Il cielo è nuvoloso, ma non c’è caldo. Facciamo un viaggio molto tranquillo, la strada è come ci avevano detto, é ottima. Gli unici momenti in cui rallentiamo sono quelli in cui attraversiamo dei piccoli ponti, che non sono in buone condizioni. L’impresa che si occupa di riabilitare le strade è diversa da quella che si occupa dei ponti e spesso, come accade in molti settori, non c’è integrazione, quindi ogni impresa lavora per conto suo, rendendo i lavori pubblici interminabili e creando dei disagi enormi alla popolazione. Arrivando a Calandula si nota una grandissima nuvola e non si immagina che sia l’effetto degli spruzzi d’acqua della cascata. E’ impressionante!
Calandula è un piccolo comune con forse un centinaio di case, il municipio, una scuola, un hotel, un distributore di benzina, qualche piccolo negozietto e un panificio. Nessuno potrebbe ipotizzare che a 10 km da questo piccolo abitato si trovi una delle bellezze più incantevoli di tutta l’Africa. Arriviamo e parcheggiamo in uno spiazzo asfaltato. Il punto migliore per vedere le cascate è a 100 m dal nostro parcheggio, e nella seconda metà del percorso da fare per raggiungerlo si cammina su delle grandi pietre lisce. Davanti a noi solo vapore.
L’amministrazione locale ha costruito una casetta che viene usata come belvedere. Lo spettacolo che si apre ai nostri occhi toglie davvero il fiato. Cascate d’acqua che scendono dalle pietre, tra gli alberi, circondate di un verde splendido che, nonostante la giornata, ci lasciano senza parole. Nessuno dei due aveva mai visto uno scenario simile e lo spettacolo è stupendo. L’acqua sgorga dalle rocce con una forza impressionante e si scarica nello strapiombo andando a formare il fiume Lucala.  Ciò che più mi lascia sorpresa è il rumore fortissimo che scaturisce da questa immane portata d’acqua, e nel belvedere per comunicare dobbiamo quasi gridare. Passiamo quasi tre ore alle cascate; scattiamo moltissime fotografie, giriamo dei piccoli video, chiacchieriamo con gli altri turisti. Prima di andare via, decidiamo di bere qualcosa nel piccolo bar improvvisato ma provvidenziale. Nonostante sia una delle attrazioni naturali più visitate d’Angola, il luogo non è ancora attrezzato turisticamente, ma forse per questo ancora più attraente. E per noi non è un problema: la ragazza che gestisce il bar sta arrostendo al barbecue delle cosce di pollo e, vista l’ora, chiediamo che ne prepari una anche per noi.  Già si è fatto tardi e siamo un po’ stanchi, decidiamo di rientrare a Malange. Quando rientriamo in albergo sono quasi le 15, ma siamo troppo stanchi per andare a pranzo, quindi decidiamo di riposarci un po’. Non siamo preoccupati per l’orario, in Angola i ristoranti non ne hanno uno definito, sono molto flessibili. Fino al tardo pomeriggio si può ancora trovare qualcosa da mangiare, ed alcuni ristoranti fanno l’orario continuato, variando di poco le pietanze tra pranzo e cena. Alla fine siamo veramente troppo stanchi e ci svegliamo che sono quasi le 17.00 e siccome non vale la pena fare le cose di fretta, ci prepariamo con calma e alle 19.00 andiamo a cena.
Le chiacchiere del dopo cena ci portano a fare un piccolo bilancio di questi giorni. Molto intensi per entrambi, ma nonostante la stanchezza, che sentiremo solo il lunedì successivo in ufficio, siamo contenti e rilassati. Questa vacanza sta veramente quasi per finire, la prossima giornata sarà occupata quasi completamente dal viaggio di ritorno; sarà un viaggio più lungo dell’andata, perché le soste per far compere da portare a Luanda saranno più numerose. Ma non importa. Dopo questi anni vissuti in Angola, tutte quelle ore di viaggio sono normalissime: la cosa importante ora è aver raggiunto il nostro obiettivo e la soddisfazione vince la stanchezza.
Domani si ricomincia, fino alla prossima occasione, fino al prossimo viaggio.


di Federica Pilia 


Fonte: AFFRICA Centro Studi Africani in Sardegna


* FEDERICA PILIA, Laureata in Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Cagliari, dal 2006 vive e lavora in Angola nella cooperazione allo sviluppo. Attualmente è consulente per il monitoraggio e la valutazione dei progetti per l’organizzazione non governativa CARE International.

Anche in Italia treni gratuiti ai disabili gravi?

(vignetta diversamenteagibile.it)
Aspettando la grande manifestazione di domani mattina in Piazza Montecitorio dove i disabili rivendicheranno i loro diritti e i timori sul proprio futuro (con la speranza di non essere presi a manganellate come i precari della pubblica amministrazione), vi segnalo una notizia molto interessante che è stata battuta dalle agenzie proprio stamane.
TRASPORTI: GIRLANDA (PDL), TRENI GRATUITI AI DISABILI GRAVI
(AGI) - Perugia, 22 giu. - "Dal 1 settembre 2011 in Germania i treni regionali saranno gratuiti per i portatori di gravi forme di handicap, un servizio sperimentato anche in Italia su alcune importanti tratte regionali, come la Torino-Milano: per questo motivo ho presentato un'interrogazione ai ministri Matteoli, Fitto e Sacconi per valutare la possibilita' di introdurre un'analoga normativa anche in Italia. Un appello, questo, che rivolgo anche all'assessore regionale in Umbria Silvano Rometti e alla presidente della Regione, Catiuscia Marini, affinche' valutino immediatamente questa possibilita' e cooperino con le strutture ministeriali all'uopo preposte". E' quanto riferisce Rocco Girlanda, deputato Pdl, in relazione all'atto di sindacato ispettivo inoltrato all'attenzione del ministro dei trasporti e delle infrastrutture, dei rapporti con le Regioni e la coesione territoriale e del lavoro e delle politiche sociali. "Tale forma di beneficio potrebbe aiutare concretamente i disabili, soprattutto coloro i quali presentano esigenze di natura lavorativa o sanitaria, che rendono obbligatoria una mobilita' di tipo periodico o pendolare - prosegue Girlanda -. Ovviamente tale genere di intervento necessita di investimenti per le eventuali necessarie modifiche sulle carrozze dei treni al fine di ovviare agli handicap dovuti alla ridotta capacita' motoria, per i quali e' necessario verificare la disponibilita' e l'esistenza delle risorse economiche necessarie. Per questo motivo ho chiesto ai ministri interrogati se ritengono possibile avviare un percorso che porti all'emulazione del modello tedesco e se, a tale scopo, intendono avviare indagini conoscitive a livello ministeriale e con le singole Regioni". (AGI)
Faccio i complimenti all'Onorevole Girlanda e mi auguro che tutto il Parlamento prenda in esame positivamente in tempi brevi questa proposta. E soprattutto che in futuro c'e ne siamo molte altre come queste.

Leggi Anche: Agevolazione Tariffarie Disabili

21 giugno 2011

Turismo accessibile ai disabili, a norma il 17,8% degli Agriturismi in Italia


Sono il 17,8% gli agriturismi che in Italia dichiarano di poter offrire ospitalità a clienti diversamente abili. Il Friuli-Venezia Giulia e la Basilicata concentrano le maggiori percentuali su basi regionale anche se sono l'Umbria e la Toscana le regioni che dispongono, su base nazionale, della maggior offerta di agriturismi privi di barriere architettoniche. Sono queste le due principali conclusioni dell'aggiornamento dello studio condotto da ''Toprural'' sui quasi 11.000 agriturismi recensiti nel portale specializzato nella ricerca di strutture rurali in Italia ed in Europa. Il Friuli-Venezia Giulia e la Basilicata sono le due regioni che la maggior percentuale di agriturismi accessibili concentrano al loro territorio: questa tipologia di strutture rurali rappresentano il 36% dell'offerta regionale.

Il Trentino-Alto Adige e la Campania sono invece le due regioni dove questa percentuale e' minore: sono accessibili rispettivamente il 7,7% ed il 9% dei loro agriturismi. Lo studio si basa sugli agriturismi e sulle strutture rurali italiane del portale Toprural. La base comprende 10.958 strutture su tutto il territorio nazionale. La regione Molise non entra nell'analisi su base regionale a causa del basso campione rappresentativo. Lo studio rappresenta l'aggiornamento dell'analisi condotta nell'ottobre del 2009 su una differente base di agriturismi.

21 giugno 2011 (Asca)

Ecco perché i laureati fuggono dall'Italia

(Otta 2.0)
Stipendi bassi, lavoro precario, zero prospettive per il futuro, cosi' L'Italia diventa per i giovani laureati un paese da lasciare. E' l'amara constatazione che emerge dal rapporto Inca-Cgil sui giovani in fuga dall'Italia. Il fenomeno e' in continua, preoccupante, crescita. Naturalmente investe soprattutto aree come il Mezzogiorno dove le possibilità di lavoro sono più rarefatte che nel resto dell'Italia. Facendo riferimento all'Aire (l'anagrafe degli italiani residenti all'etero) nel 2005 gli italiani residenti all'etero erano 3.520.809 sono diventati 3.915.767 nel 2009. Di questi un terzo e' nato nel paese estero e due terzi emigrati dall'Italia. Negli anni tra il 2001 e il 2006, l'incremento dei laureati iscritti all'Aire e' stato del 53,2%.
Sulla base dei dati Istat, nello stesso quinquennio, hanno lasciato l'Italia 3.200 laureati l'anno. Il calcolo e' in forte difetto perche' molti emigrati mantengono la residenza in Italia anche dopo diversi anni che lavorano all'etero. Secondo il rapporto Inca-Cgil il numero puo' essere rivalutato del doppio. Secondo un'indagine Almalaurea del 2007 a un anno dalla laurea lavora all'estero il 3% degli occupati italiani, nel 1999 erano 1,4%. Le ragioni di questa emorragia di giovani lavoratori ad alta qualificazione sono economiche: basta confrontare gli stipendi italiani con quelli di altri Paesi. Secondo i dati Ocse, nel 2006 un ricercatore italiano guadagnava una media di circa 36.200 euro, un ricercatore francese 50.800 mentre i ricercatori inglesi e tedeschi prendevano in media 56.000 euro.
Passando ai semplici laureati le differenze di stipendio sono altrettanto significative: all'estero un laureato guadagna in media 2.310 euro netti al mese (se uomo) 2.030 (se donna) contro rispettivamente 1.580 e 1.273 euro. Questa tendenza causa un danno economico all'Italia non irrilevante. Basti pensare che l'Italia spende per ogni studente che si laurea 43.711 dollari (dati Ocse 2006) ogni emigrato laureato sottrae quindi questa cifra alle casse dello Stato. Per quanto riguarda i ricercatori il danno e' duplice. Da un alto sono in gioco i finanziamenti europei per progetti di ricerca: nel 2009, 9 ricercatori italiani sui 23 vincitori hanno portato finanziamenti nel paese straniero dove lavorano. Inoltre nel periodo 2005-2007 l'Italia ha accumulato il minor numero di brevetti per abitante tra i paesi del G7.

Fonte ZoomSud

(Economist)

Un interessante ma triste articolo dell'Economist ci segnala che in Italia il numero di Italiani laureati e diplomati che lasciano il nostro paese supera il numero di laureati o diplomati stranieri che vengono da noi.
Al contrario altri Paesi sviluppati europei hanno un "saldo nettamente positivo", dimostrando una enorme capacita' attrattiva che il nostro Paese non ha. Secondo l'Economist questo dato ci rende molto simile ad un paese in via di sviluppo (ad esempio sud America o Est Europa), dove si trovano stesse dinamiche in questo genere di analisi.

Fonte: Otta 2.0

Leggi anche: Rapporto Inca, CGIL ed i giovani in fuga dall'Italia (in PDF)